Siamo stati a Mauritius nel febbraio 2010.
Il clima è sempre stato un po’ strano. Caldo, abbastanza umido e col cielo spesso coperto. Eppure un sole che picchiava così, raramente l’ho sentito sulla mia pelle. Ci si bruciava anche all’ombra di una pianta, con le nuvole, mentre piovigginava.
Qualche goccia infatti l’abbiam presa nelle tarde ore del pomeriggio, tranne l’ultimo giorno, di puro e serio acquazzone tropicale, rassegnati e rilassati sul nostro terrazzo coperto da tetto in makuti.
Chissà perchè tutti dicono ‘isole Mauritius’ quando l’isola è una soltanto, mah…
E anche la zona prettamente turistica è una in particolare, Belle Mare, col piccolo paesino e la lunga spiaggia.
Questa è riservata in gran parte ai lussuosi e costosi resort in riva al mare, mentre più a sud si trova la zona più selvaggia dove si posson incontrare gli abitanti del luogo che portano al mare i bambini, organizzano picnic o partite a beach soccer.
La sabbia è purtroppo poco pulita in questa zona, non tanto per immondizia quanto per le numerose alghe che si fermano sul bagnasciuga.
In mare, oltre alle alghe, ci sono anche enormi ricci, con aculei lunghi fino a 30 cm e diverse meduse, che rendono abbastanza rischioso fare il bagno.
Oltre la striscia di sabbia, si trova un bel prato alberato dove trovare frescura e ristoro, sempre, puntualmente, disturbati dall’altissimo volume di un altoparlante. È il pullmino dei gelati che annuncia il suo arrivo con allucinanti melodie stonate, più volte al giorno.
Nel tardo pomeriggio, all’imbrunire, raggiungevamo a piedi il piccolo paese, tramite la strada asfaltata (attenzione: si guida a sinistra) o sul sentiero ombreggiato da alte palme che costeggia la spiaggia.
Inncontravamo spesso branchi di cani randagi, di solito buoni e socievoli, a volte un po’ più schivi, ma mai pericolosi.
Il paese è un susseguirsi di piccole botteghe di souvenirs e negozi con attrezzature da spiaggia.
Il bell’edifico bianco di un tempio Indù la fa da padrone al centro di una piazza dove si stava, proprio quel giorno, radunando una folla festosa e chiassosa di cittadini. Era la festa sacra chiamata Holi dove la popolazione usa dipingere abiti e viso con polveri coloratissime.
Una mattina abbiamo affittato un taxi per l’intera giornata.
Meta: il tour dell’isola.
Costeggiando il mare si può vedere quanti tipi diversi di costa possieda questa piccola isola vulcanica.
Dalla spiaggia di sabbia fine e molto chiara, alle rocce laviche nere e lucide. Rivolgendosi all’interno invece è tutta fitta vegetazione. Tanto verde selvaggio che nasconde piantagioni di ananas, banane e the.
La prima tappa è stata un negozio/laboratorio di velieri in miniatura.
In realtà alcuni erano lunghi anche 2mt, sempre rifiniti alla perfezione, in legno, con vele di stoffa decorata.
È stato interessante visitare la zona laboratorio dove diversi artigiani seguivano passo passo le creazioni, dal progetto, all’incollaggio, fino agli ultimi dettagli.
Non abbiamo acquistato nulla, non tanto per il prezzo quanto per la fragilità dell’articolo.
Tra una sosta e l’altra, dal finestrino abbiam visto molti templi Indú, tinteggiati con un mix di colori sgargianti da farli quasi apparire una giostra per bambini.
Seconda tappa, il cratere di un vulcano ormai estinto, riempitosi d’acqua in mezzo ad una fitta e umida vegetazione. Si avvistava dall’alto, da una balconata a bordo strada. Nessuno si addentrava per avvicinarsi.
All’apparenza, anche il Gran Bacin somiglia molto ad un parco giochi.
Un piccolo laghetto in mezzo al quale sono poste diverse statue di dei quali Shiva, Ganesha…
I colori sono sempre vistosi e le fattezze abbastanza buffe.
Fa uno strano effetto vedere la gente del luogo portare frutta come dono, accarezzare le statue e pregare con curiosi rituali.
In tarda mattinata arriva la visita più emozionante.
Giungiamo alla cascata di Chamarel, molto alta e sottile, ma subito dopo, con un biglietto di pochi spiccioli, entriamo nella zona protetta delle 7 Terre di Chamarel. Bellissimo! Una bassa palizzata di legno racchiude numerose dune di terra umida che cambia colore un’infinità di volte. Dall’ocra al viola, al verde.
In altri recinti adiacenti si entra in contatto con enormi, quasi preistoriche, tartarughe giganti, tranquille e docili. Si fanno accarezzare senza problemi.
Per pranzo il taxista ha deciso per noi. Ci ha portati in un ristorante turistico con tavoli immersi in un curato giardino.
Le cifre a menù erano astronomiche.
Per fortuna non avevamo molta fame e non abbiamo mangiato praticamente nulla. Come per ogni visita precedente, l’autista ci conduceva alla meta, in inglese/francese/italiano stentati ci anticipava cosa avremmo visto e poi attendeva il nostro ritorno al taxi.
Queste erano le visite standard riservate ai turisti ma noi abbiamo chiesto di esser condotti anche al famoso mercato di Flacq.
Un mercato per soli locali, senza nessun turista, dove non c’era assolutamente nulla da acquistare per noi ma dove ci siamo fatti un’idea in più sulla vita quotidiana dei Mauriziani.
A metà pomeriggio siamo stati ricondotti in hotel. Tutto è filato liscio e la cifra pattuita di 50€ totali, con un po’ di contrattazione, ci è parsa appropriata.
Segnalo che per costosi e curati possano essere i resort, offrono un utilizzo ridotto della spiaggia in quanto le maree incidono molto sull’altezza del mare.
Nel primo pomeriggio l’acqua sale e ‘mangia’ via gran parte della spiaggia, tanto che i lettini vengono prontamente tirati in salvo su ripidi argini di prato dagli inservienti. La zona di spiaggia libera è invece molto più larga e risente meno di questo problema.
Emeraude Hotel.
La struttura è molto carina, rustica quanto accogliente.
Piccoli edifici a due piani ospitano 4 stanze. Due di sotto con patio privato e due di sopra con balcone.
La stanza è piccola e spartana ma pulita e silenziosissima. Eravamo accompagnati solo dal canto di esotici uccelli e da discreti gechi che sostavano sul muro sopra al letto.
Un piccolo frigo funzionante, vuoto, era a disposizione per tenere al fresco bevande acquistate al bar
La fitta e profumata vegetazione raccoglie alloggi, piscina (pulita e ben attrezzata con lettini e ombrelloni) e zona bar/ristorante come un nido, intimo e protetto.
Il ristorante è al coperto ma con le pareti aperte.
È purtroppo anche l’enorme pecca della vacanza.
I tavoli in numero troppo ridotto ti costringevano ad attendere in coda di poterti sedere, nonostante il tempo a disposizione per i pasti fosse di meno di due ore.
Le pietanze, tutte a buffet, erano sempre le solite tre che ruotavano sulla tavolata. Tra cui perenne insalata di riso. Poca verdura. La frutta a metà cena era già finita. La pasta, quando servita, era immangiabile. Insomma, il peggio mai vissuto all’estero!
L’hotel non offriva all inclusive e ci siamo concessi solo un paio di birre la sera, al bar, a bordo piscina.
Una nota negativa anche l’attrezzatura, praticamente nulla, nella porzione di spiaggia riservata all’hotel, adiacente a quella pubblica.
Due lettini di numero, zero ombrelloni. Si ripiegava quasi sempre stendendo il telo sul prato sopra la spiaggia, all’ombra delle palme.
Tutto sommato, in modo un po’ spartano, ma abbiamo vissuto Mauritius senza spendere la cifra spropositata che i noti resort pretendono!
Volete godervi questo paradiso insieme a tutta la famiglia? I consigli giusti arrivano da Milly!
Il nostro viaggio a Mauritius. Tutte le tappe a misura di bimbi.
4 comments
Ah le Mauritius mi sono rimaste nel cuore! Stupende davvero 🙂
Per noi è già passato troppo tempo. C’è da tornarci! 🙂
sono stata 5 giorni a Mauritius nel 2014 (ho svelato il mistero del nome… la repubblica di mauritius comprende anche Saint Brandon, Rodrigues e le isole Agalega. ecco perchè LE mauritius!
Ma dai? Ebbrava! Grazie della info!!!! 🙂 🙂