Quella notte è stata più torrida e afosa delle precedenti, non si respirava sotto le zanzariere dell’unica stanza (la mia, di Gloria e di Dani) ancora senza topi. C’era un assurdo girarsi e rigirarsi nel letto disturbati dalla rissa in corso al piano di sotto, finché abbiamo deciso di eliminare le zanzariere e farci una doccia fredda.
Abitavamo al piano di sopra di un bar/osteria/centro accoglienza aperto quasi 24 ore su 24. Incontravamo spesso le stesse facce sul portone d’ingresso, talvolta addirittura nella terrazza sul tetto di cui eravamo gelosissimi: era il luogo dove ci rifugiavamo dopo la doccia, dove cucinavamo, dove ci lasciavamo andare a confidenze e guardavamo le stelle ascoltando la risacca, dove i nostri legami si rafforzavano più che mai. Era la nostra unica possibilità di staccare dal caos africano.
A notte inoltrata, allo schiamazzo più forte ci precipitammo sul balcone e ci affacciammo a controllare cosa stesse succedendo: uomini ubriachi se le stavano dando di santa ragione.
Scene da un altro mondo che si verificano anche qui nel paese della Teranga.
L’alcool cambiava di molto la percezione delle cose a questa gente che l’alcool non avrebbe neanche dovuto toccarlo.
Ci guardammo allibiti e tornammo a letto per qualche minuto, finché ulteriori urla e litigi ci riportarono malvolentieri sul terrazzo a mostrare il nostro disappunto. Qualche istante più tardi… il silenzio. Almeno quello, visto che la calura non ci mollava un attimo.
Solo il giorno dopo avremmo conosciuto l’epilogo della saga: i ragazzi nella stanza accanto alla nostra, percepito che la situazione stava degenerando in strada, si affacciarono alla finestra e assistettero all’utilizzo di metodi parigini per mettere fine al tutto: il bastone di Noël. Lui era il proprietario francese dello stabile e dall’attività di ristoro sottostante le camere.
Che dire?! Aveva funzionato e noi per qualche ora avevamo chiuso occhio.
Raccogliere informazioni più approfondite sul fattaccio della sera prima era la nostra missione del day after. Ci interessava capire, andare a fondo a tanta miseria. Così scoprimmo che non è poi così tanto raro che disoccupati di media età si ritrovino al bar da mattina a sera e, non avendo altro da fare – oltre che dimenticando la loro fede musulmana -, inizino a bere alcolici a caso, spesso offerti da qualche passante o da altri che si fermano per una sosta.
La giornata è lunga a così a sera si ritrovano a essere uomini distrutti entrati in un vortice che li risucchia. L’accesso agli alcolici diventa, così, una delle maggiori paure dei giovani che condannano atteggiamenti e fallimenti come questo, scegliendo piuttosto il riscatto personale e sognando quello dell’intera nazione.
Rimango dunque molto perplessa riguardo il ruolo del barista francese che, in questo caso specifico, avrebbe dovuto vietare la distribuzione di alcolici a chi si trovava lì da ore e poteva assumere comportamenti incontrollati e pericolosi. Inoltre avrebbe dovuto avere la coscienza di tender loro una mano, anziché spingerli nel baratro cose che evidentemente passa in secondo piano rispetto al profitto.
L’Africa sa insegnare ben altro, peccato che alcuni di noi non l’abbiano ancora capito.