Un’esperienza unica ed indimenticabile!
Arrivati a Buenos Aires, si sale in una Coche Cama, bus a lunga percorrenza, molto diffusi in Argentina, con poltrone-letto, servizi igienici e una piccola cucina.
Si viaggia tutta la notte fino a Neuquen, dopo una cena ed un bicchiere di spumante serviti a bordo. La luce della prima mattina ti offre un paesaggio che solitamente vedi solo nei documentari.
La periferia della città è piatta; distese di campi ricoperte da cespugli bassi e folti, di varie tonalità di verde e giallo: sembrano una miriade di cuscini!
Da Neuchen ad Aluminè, nostra base in Patagonia, ci vogliono circa altre 5 ore di auto, o meglio di fuoristrada.
Grazie ad amici forniti di pick-up, il percorso, quasi interamente su strade sterrate, è stato più sicuro e tranquillo.
Appena fuori Neuchen il paesaggio cambia.
La pianura lascia spazio a dolci colline che si fanno sempre più alte, mentre i bassi cespugli diventano folte cortaderia (erba della pampas) con i suoi pennacchi piumosi.
L’albero tipico della zona è l’araucaria: a volte svetta solitaria sulla cima di un’altura, altre volte forma interi boschi.
La sensazione che ti pervade è quella di trovarti in un altro mondo. Casa tua è veramente molto lontana. E non è solo questione di chilometri.
La gente è cordiale e accoglie gli ospiti con calore.
Sai che presto ti arriverà l’invito per un asado. Se sei fortunata, sarà un “asado al campo”, cioè all’aria aperta, tra prati immensi, boschi e laghetti, magari in mezzo ai cavalli che brucano tranquilli.
E poi arriva quel giorno…
Il percorso di un paio d’ore è su strada ovviamente sterrata ed impervia, ma il panorama varia ad ogni curva e offre vedute spettacolari delle pendici delle Ande.
D’improvviso spunta un Guincho, una costruzione di legno e pietra, dove ci si riunisce per consumare l’asado, la carne arrostita sul fuoco vivo.
“Quando ci costruiamo una casa, prima di tutto pensiamo a finire il guincho” – dicono da queste parti.
Nel frattempo un chivito (capretto) e un lechon (maialino), infilzati verticalmente da due lunghe spade, stanno arrostendo già da un paio d’ore, attentamente sorvegliati. Nell’attesa mi invitano a cavalcare una bellissima cavalla bianca e a fare un breve giretto. La sella è ricoperta da una morbida e candida pelle di pecora, come si usa in Patagonia.
Finalmente l’asado è pronto!
Don Francisco, il patriarca della famiglia e sua moglie, dona Fresia, siedono a tavola con i figli, nipoti e amici. Parlano solo spagnolo ma con un po’ di intuito, gesti e buona volontà, al secondo bicchiere di vino, ci si capisce!
L’interno del guincho ha pareti ricoperte di trofei di caccia, tappeti e strumenti per l’asado. Le panche in legno su cui ci accomodiamo hanno pelli di pecora come cuscini.
La carne è servita in enormi vassoi in legno; uno dei figli separa le porzioni con un grande coltello che tutti i gauchos portano sempre con sé infilato nella cintura e che usano abitualmente anche come coltello a tavola!
L’atmosfera è allegra e conviviale, il cibo ottimo, i commensali, da perfetti sconosciuti fino a poche ore prima, sembrano diventare i tuoi nuovi migliori amici.
Tutti sono curiosi e fanno domande sull’Italia, quasi come se fossimo su un altro pianeta.
Ed in effetti è così, perché per gli abitanti della Patagonia e di Aluminè, l’Europa è un posto lontano come la luna, situato in una zona indefinita del mondo, chissà dove!
Vivono da generazioni in una terra in cui ci si sposta per lo più a cavallo e, solo da poco, anche in auto.
Nuove tecnologie, problemi politici, crisi economica… sono problemi che non toccano minimamente un vero gaucho. Navi e aerei li hanno visti solo in televisione: nel cielo della Patagonia, infatti, non passa nessuna rotta aerea.
Don Francisco parla poco ma vedi dai suoi occhi che sta godendo appieno la compagnia. E’ vestito con larghi pantaloni da cavallo ed in vita porta la larga fascia a colori, usata ormai solo più dai vecchi ed ormai demodè.
I giovani maschi indossano cappelli neri in feltro a tesa ampia, chiamati sombrero ma che non hanno nulla a che vedere con quelli messicani.
I ragazzini sono l’orgoglio dei padri, ed ancor più motivo di vanto è mettere in mostra la loro capacità di cavalcare a pelo.
Vederli galoppare in quei prati verdissimi incitando i cavalli in una gara amichevole ma non priva di agonismo, ti sembra di assistere a scene di vita che sono ormai prerogativa di pochi luoghi al mondo.
Siamo solo noi, immersi nel nulla: pace e silenzio.
Potrebbe essere un Eden e, forse proprio per questo, ti assale la consapevolezza di quanto è diversa la “tua” vera vita.
Ti trovi a migliaia di chilometri dal “tuo” mondo: alla fine del mondo.
6 comments
ho vissuto un anno in Argentina: per me le domeniche argentine hanno avuto sempre il profumo dell’asado…
Ciao Federica. Come avrai letto il racconto è di mia mamma che ancora me ne parla appena capita l’occasione. Io in Argentina non ci sono mai stata. Urge bandierina! 🙂 Grazie delle tue parole!
Ciao, hai una mamma davvero straordinaria! Io vorrei tanto che la mia viaggiasse ma purtroppo non è la sua passione. Ha fatto un viaggio incredibile che noi abbiamo adorato e che portiamo nel cuore! Roberta
Grazie Roberta!
In realtà mia mamma non è una assidua viaggiatrice, anzi. Ha fatto giusto quei 3/4 viaggioni quando si è separata da mio padre perchè prima era dedita esclusivamente alla casa.
Ora invece non vuol partire più perchè si sente troppo vecchia. Mah, mi sembrano tutte scuse…
E pensare che è una donna curiosa, magari se avesse iniziato prima…
😀 Che bell’articolo!!! L’Argentina potrebbe essere tra le mie prossime mete, peccato che io sia vegetariana, mi sa che in questo caso mi perdo veramente qualcosa 🙂
P.S che belle le tue parole su tua mamma…anche la mia è la mia migliore amica 🙂
Grazie Martina!
Effettivamente forse sarebbe una delle rare occasioni in cui mangiare quella carne fa buona parte dell’atmosfera! Ma sono certa che il panorama, i silenzi, i cavalli…riempirebbero la lacuna! 🙂