Siamo a Xi’An, appena scesi da uno dei viaggi in treno più emozionanti della mia vita – la notte in cuccetta da Pechino a Xi’An – ma non particolarmente riposati.
La stazione è un chiasso tremendo, soprattutto l’esterno dove centinaia di persone sono letteralmente accampate a terra e non si capisce bene se stiano aspettando l’orario di partenza del loro treno stando all’aria aperta o sia più semplicemente un tradizionale modo di bighellonare.
Ci facciamo strada a fatica scavalcando gente coricata sul grande piazzale, tirandoci dietro i trolley fino al deposito bagagli. Questo è un’anarchia poco rassicurante. Ad intuito e a suon di grida in cinese capiamo dove pagare e dove lasciare le valige, portandocele a mano in uno stanzino al secondo piano dell’edificio.
Si rivela comunque la scelta migliore in quanto i bus che ci portano alla nostra prima meta partono proprio da questa stazione e recarsi in hotel per poi tornare indietro non sarebbe l’ideale. Ancora di più verificando dopo la difficoltà nel reperire un taxi!
I bus-navetta che conducono al famoso sito dei Terracotta Warriors sono facili da individuare, colorati interamente di verde e numerosi nel piazzale a fianco della stazione. Appena ci avviciniamo, un ragazzo ci si fa incontro per venderci il biglietto. Facile, finalmente! Attendiamo qualche minuto che il piccolo pullman si riempia – di quasi solo turisti occidentali ma rigorosamente nessun italiano – e si parte.
Il viaggio dura poco meno di un’ora e andando a passo d’uomo possiamo ammirare il panorama esterno. A volte non c’è proprio nulla da vedere, uscendo dalla città di Xi’An, a volte ci sono curiosità come veder alberare un grande viale piantando alberi già enormi. Non si ha tempo di attenderne la crescita, qui!
Il pullman ci lascia quasi sulla strada e non c’è la benchè minima indicazione che ci aiuti nel trovar la giusta via verso il sito archeologico.
Seguiamo il gruppo che però procede a tentoni come noi. Prestate molta attenzione a rintracciare la biglietteria. I tickets infatti vengono venduti molto prima dell’ingresso al sito vero e proprio, rischiando così di dover tornare indietro e la passeggiata non è brevissima ma proporzionata a tutte le immense distanze cinesi.
Avete anche la possibilità di prendere un golf kart dalla biglietteria al sito, percorrendo un bel parco, ma è molto costoso.
Una volta raggiunto il primo capannone però ci si dimentica di tutto il cammino perchè lo spettacolo è ineguagliabile.
Il colpo d’occhio ci lascia di stucco.
Un po’ ce lo aspettavamo a dire il vero, ma trovarsi davanti a quell’esercito – nel vero senso della parola – di statue non è come guardarle in una bella fotografia.
Lo spettacolo migliore lo offre la balconata frontale che apre la visuale ad una distesa di reperti che pare infinita.
A perdita d’occhio, questi guerrieri sono disposti rigorosamente in numerose file da 4, affiancate l’una all’altra.
La prima linea dello schieramento è ancora quasi completamente intatta.
Possiamo verificare che ogni volto è ben distinto dall’altro e non solo, anche le corporature sono molto diverse tra i vari guerrieri, e le posizioni sono tipiche di chi portava armi che però non sono più presenti in quanto il sito fu saccheggiato dai ribelli che si insediarono sul trono imperiale: la dinastia Han.
Queste caratteristiche rendono l’esercito molto verosimile e l’idea del suo creatore unica e forse irripetibile.
Percorrendo la balconata laterale – è possibile girare tutto attorno a questo più grande sito, nel “padiglione 1” su apposite pensiline alla giusta distanza dai reperti – vediamo che, man mano che ci allontaniamo dalle prime file, le statue cominciano a presentare più danni. Soprattutto le teste sono saltate via facilmente in quanto non pezzo unico col corpo ma lavorate a parte ed inserite nel buco delle spalle in un secondo tempo. Stessa tecnica utilizzata anche per gambe e braccia.
Proseguendo iniziano a mancare infatti anche queste, fino ad arrivare ad una triste esposizione di piedi monchi. Peccato.
Effettivamente se c’è una cosa che mi ha un po’ delusa è proprio questa sensazione di “esercito sterminato”, nel senso “annientato”.
Vedi le prime file, bellissime e imponenti, pare che lo schieramento non finisca mai ma poi verifichi coi tuoi occhi che già dalla quarta o quinta fila l’effetto non è più lo stesso e l’impatto ottico svanisce un po’ mortificato.
In fondo al grande capannone troviamo i cavalli, bellissimi, e alcuni soldati che sono stati completamente ricomposti al di fuori del loro originale posizionamento.
E’ senza dubbio il padiglione più importante e spettacolare, quello che conosciamo tutti grazie alle diffusissime fotografie ormai famose da diversi anni.
Gli altri due padiglioni sono più piccoli e non regalano lo stesso impatto visivo.
Nel secondo possiamo percorrere una stretta passerella che porta al centro di un profondo scavo. Al di sotto si trovano altre statue di guerrieri molto simili a quelle dello schieramento poco più in là.
Vi ricordo che le statue sono ancora rigorosamente posizionate nel loro esatto luogo di ritrovamento. Infatti l’opera, voluta dal primo imperatore cinese Qin Shi Huang, ha anche un preciso criterio di disposizione che, se alterato, andrebbe a ledere parte del suo fascino: erano a difesa della tomba dell’imperatore.
Il ritrovamento comprende dai 6000 agli 8000 guerrieri ma sono per ora stati riportati alla luce soltanto 500 guerrieri, 18 carri in legno e 100 cavalli in terracotta.
Il terzo padiglione è una promessa. Nel senso che nulla è stato ancora portato alla luce ma i cinesi ci forniscono tabelloni e planimetrie che indicano la sicura presenza di una terza parte di guerriri proprio sotto quei cumuli di terra che nascondono ancora tutto.
Qui si ospitano anche alcune statue perfettamente conservate che, in teche di vetro, permettono ai turisti di osservare da vicino i dettagli dell’armatura e anche alcuni colori residui.
Infatti ogni statua era finemente dipinta e aveva mantenuto i suoi colori fino al momento del ritrovamento quando aria e luce li hanno fatti sbriciolare.
E’ incredibile quanto siano bassi visti da vicino ma rappresentano la fedele replica dell’armata che contribuì a unificare la Cina!
All’esterno del complesso tutto è molto pulito e curato. Mi sono paurosamente innamorata dei giganteschi vasi di bouganville fucsia. Mi sono sempre piaciuti quei “tappeti” di fiori che si arrampicano sulle pareti del paesi più caldi, come sulle antiche mura di Marrakech o dai balconi delle case a Sirmione, sul lago di Garda. Ma vedere quel rampicante trasformato in enorme bonsai dal tronco contorto e tozzo immerso in vasi di ceramica decorata mi ha definitivamente stregata. Chissà quanti anni di crescita però!
Dopo averli visti, in versione ridotta, in gran parte dell’entroterra thailandese mi sono decisa, a casa provo anche io. Questa estate acquisto una bouganville e la poto drasticamente, vedremo che succede.
Prendete una boccata di ossigeno e tanta santa pazienza quando vorrete uscire dal sito per tornare al pullman che passa “puntualmente” ogni mezzora per il rientro.
La lunga camminata si fa ancora più lunga perché tartassati dai venditori delle numerose bancarelle. Onestamente dobbiamo dire che non veniamo infastiditi più di tanto; solo se ci si dimostra interessati alla merce in esposizione allora è difficile allontanarsi a mani vuote.
Gli articoli sono però davvero dozzinali se non disgustosi: quando ho visto decine e decine di pellicce – di gatto, ne sono certa dal colore del manto – prima ho avuto un conato e poi l’istinto di dar fuoco a tutto e tutti.
Ma le nostre culture sono davvero diverse e anche se non lo concepisco, devo accettarlo.