È un argomento che non amo trattare. Che mi confonde molto le idee e che non so come e se giudicare.
Sono fortemente contro le corride ma nelle Filippine, trovatami di fronte al cock fighting, non ho saputo prendere da subito una posizione drastica e ho sentito il bisogno di saperne di più.
Mi sono sempre trovata a mio agio fin da piccola con gli animali grazie allo stretto rapporto che ho sempre avuto con loro crescendo in campagna coi nonni. Nella fattoria avevamo anatre, oche e galline e spesso mi sono trovata presente quando il nonno “tirava loro il collo”.
Da una vita l’allevamento del pollame era un sostentamento per le loro famiglie, nulla di discutibile.
Qui il discorso è ben diverso ma mi sento di parlarvene perché è stata sicuramente una esperienza forte del mio viaggio nelle Filippine, non trascurabile.
Sin dal giorno del mio arrivo noto un numero sproporzionato di galli aggirarsi per queste isole.
“Aggirarsi” in realtà neanche tanto visto che sono tutti rigorosamente legati con una corda di circa un metro, ad una zampa.
Questi galli sono bellissimi, con lunghe piume lucide e curate, ma privi di cresta e bargigli.
Ricordo i racconti di mio nonno: “i galli belli sono inutili”. Il vero “gallo nel pollaio” è quello spennacchiato che però mette tutti in riga. Inoltre mi insegnava che troppi galli nel pollaio non è che vadano molto bene. E questo lo sappiamo un po’ tutti… 😉
Insomma, chi è che acquistava e teneva in pollaio tutti questi galli, nemmeno poi così rinomati per la loro carne?
I banchi del Carbon Market di Cebu ne erano affollati. Nelle sale d’attesa dei traghetti risuonavano chicchirichì di esemplari chiusi in appositi scatoloni per il trasporto. Qualcuno si portava galli a spasso sottobraccio. Al posto del pittbull di guardia trovavi un gallo legato all’ingresso.
Il dubbio si è definitivamente chiarito quando inizio a vedere interi cortili dedicati all’allevamento.
Aree ombreggiate da alberi di mango o di calachuchi (molto simile al frangipani ma meno profumato, diffusissimo nelle Filippine) dove sono diligentemente disseminate “rudimentali casette” in bambù o più semplicemente due assi appoggiati tra loro a forma di tenda canadese.
Ad ogni giaciglio si trova un gallo, assicurato a terra con una corda.
Passano il loro tempo molto vicini gli uni con gli altri ma sono sereni e pacati, non so come venga inculcata loro questa furia assassina che scatenano soltanto al momento giusto, quando si trovano nell’arena di fronte all’avversario prestabilito.
Ogni domenica si svolgono i combattimenti ufficiali nelle arene di quasi tutte le più importanti città filippine. Gli incontri hanno inizio alle 14 e si protraggono fino a sera inoltrata a seconda del numero di galli partecipanti.
Ovviamente tutto ruota attorno alle scommesse più che alla spettacolarità dell’evento. Scommettere sui galli infatti qui è legale ma si deve trattare di combattimenti ufficiali. Far lottare due galli al di fuori di una arena è severamente vietato e soggetto a pesantissime sanzioni.
Ho avuto modo di assistere ad un paio di incontri nella Arena di Dauin. Non ero certissima di volerlo fare, temevo avrei pianto dopo la prima beccata. Invece il tutto si è svolto così rapidamente da lasciarmi di stucco, immobile, con la bocca aperta.
I galli, muniti di sperone di acciaio, vengono aizzati allo scontro spingendoli l’uno contro l’altro mentre ancora sono tenuti saldamente in mano.
Nel frattempo si svolgono le scommesse che sono rigorosamente vocali.
Un allibratore, più abile di un broker di Wall Street, registra mnemonicamente tutti i gesti degli scommettitori che corrispondono ad un gallo e ad una cifra differente. Anche qui c’è ovviamente il favorito che farà vincere, in caso di sua vittoria, una cifra inferiore rispetto a chi in partenza è dato perdente.
Non è probabilmente cruento come posso immaginare una lotta tra cani ma resta una tradizione molto discutibile che non trova nè il mio appoggio nè la mia comprensione.
Vedere due animali lottare fino ad uccidersi per il diletto dell’uomo è una cosa che mai potrò concepire, ma
ho voluto vedere con i miei occhi e ora ho voluto raccontarlo a voi.
Qui non c’è nulla di turistico: assistere all’entusiasmo e agli incitamenti degli spettatori scommettitori è stata una delle esperienze più vere che io abbia mai fatto in viaggio.