La quarta tappa mi ha messo a dura prova e ho capito, provandolo personalmente, che un cammino come la Via di Francesco richiede cuore, testa e fisico ben bilanciati.
La tappa Sansepolcro – Le Burgne (pochi chilometri dopo Citerna) ha una difficoltà medio-bassa. I chilometri da percorrere sono circa 18, il mio fisico ha risposto bene e l’affaticamento si è fatto sentire solo sui tratti di ripida ascesa. Era il disallineamento mente-cuore-corpo a creare disequilibrio alla giornata, così per come era iniziata.
La nottata non era stata delle migliori per me: poco riposante per il troppo caldo, un pochino di nervoso nell’aria come capita a volte, il russare di un compagno di camerata, le zanzare a disturbare ulteriormente. Dopo il risveglio, la mattina, ero estremamente silenziosa, abbastanza rigida, poco sociale. Può capitare, ma se siamo inseriti in un gruppo può essere antipatico e io me ne sono subito resa conto solo che… avevo un forte bisogno di esaurire la “luna storta” stando sola e di recuperare energie mentali positive.
Nonostante fossi nel gruppo mi sono staccata ben presto dalla coda e portata avanti, concentrandomi sui passi in successione e su me stessa. Sapevo di poter sembrare quanto meno strana, ma anche di aver bisogno di me sola e di ritrovare forza.
Più il nervosismo raggiungeva il proprio culmine, più il mio passo aumentava di intensità e velocità, come se stessi scaricando rabbia al suolo. Macinavo sentieri e asfalto.
L’essere concentrata su me stessa e sul mio nervosismo non mi permetteva di smaltire la “luna storta” da sola, l’ho subito capito.
Mi ero imposta il massimo dell’isolamento dal mondo esterno, durante il cammino, ma stamattina ho ceduto cercando confronto con i contatti lontani da qui. Mi hanno saputo calmare donandomi diverse prospettive rispetto alla mia.
Da lì in poi ho ritrovato sicurezza in me stessa e il muro innalzato nei confronti del gruppo a causa del nervoso ha iniziato a sgretolarsi. Era stato eretto da me a protezione di un mio stato d’animo, era una barriera invalicabile anche se apprezzavo i tentativi di comunicazione di alcuni compagni di cammino.
Era così alto perché in un momento di stanchezza era emersa tutta la mia fragilità e non riuscivo a gestirla.
Da lì in poi è stato un percorso più equilibrato: dalle crepe del muro sono penetrate le prime battute, il mio viso si è disteso e sciolto in sorrisi. Mi è tornata la parola! In breve sembravo un’altra a me stessa, chissà quanto potevo sembrare diversa a chi mi stava accanto…
Il nervosismo fa disperdere energie e isola, oggi l’ho imparato. Camminando soli e negativi si perde la grande opportunità di scambio con gli altri pellegrini. Parlo di isolamento negativo, se lo si fa per un momento di distesa riflessione personale è tutta un’altra storia.
Il corpo e il cuore risentono della mente e viceversa. Crescendo nel cammino mi auguro di allinearli il più possibile in una tensione positiva comune, verso l’alto.