Trovarsi in una giornata a vivere esperienze culinarie e ad approcciare le culture più disparate, saltando da una parte all’altra del globo è qualcosa di totalmente immersivo ed euforizzante. Impossibile? No: questo è EXPO.
Milano 2015, è quasi finita, lo so… eppure ieri mentre uscivo per l’ultima volta dai cancelli di EXPO ne ho sentito la nostalgia. A me succede sempre alla fine di una festa: ho sempre scelto di non uscire per ultima per non vedere lo spopolamento delle sale, lo smantellamento delle strutture e la chiusura delle porte. Così ho fatto ieri: nella penultima domenica di EXPO io c’ero, in mezzo a centinaia di migliaia di altri visitatori internazionali.
La festa è ancora nel vivo, se non fosse che di tanto in tanto si legge che alcuni dei piatti più richiesti dei menù take away sono esauriti e non ci saranno nuovi approvvigionamenti. E’ solo in questo che ho percepito l’avvicinarsi della chiusura della manifestazione, in tutto il resto solo una gran frenesia, entusiasmo e vitalità.
Certo EXPO è stra-pieno, le code di ingresso ai padiglioni infinite, il cardo invivibile in prossimità del Padiglione Italia, ma continuo a credere che valga la pena farci un giro e cogliere il meglio.
Impuntarsi per vedere i Padiglioni più rinomati trovo non abbia senso. Ogni padiglione ha qualcosa da dire! Ogni piccolo stand nei cluster riesce comunque a trasmettere qualcosa di sé. Ognuno di noi ha un proprio punto di vista e sensibilità differenti. Consiglio di partire da questo e scegliere cosa vedere, cosa provare, cosa assaggiare.
E poi l’unicità dell’evento merita una chance: pensiamo agli investimenti in termini di realizzazioni, strutture espositive, design, opere poste qua e là lungo il decumano, arredi in materiali riciclati, eventi, cibo. Ecco questa è l’opportunità, secondo me, più grande: conoscere i popoli attraverso i loro cibi, che sono al contempo cultura, storia, geografia, arte e scienza. Cibo che peraltro è il core dell’EXPO stesso.
Mangiare carne di agnello e riso in Kazakhstan, bere una birra in Repubblica Ceca, assaggiare un dolce in Polonia e bere il caffè in Colombia: questo è EXPO.
Avere l’opportunità di conoscere culture vicine e lontane, di entrare in contatto con il loro approccio al cibo, di accostarci a sapori intensi e diversi è un regalo immenso. Il cibo è sperimentazione, apertura, gioia, condivisione e magia: ogni ricetta racchiude tutto questo, esalta gli ingredienti e figura come un dono per il palato. Amo il cibo, si percepisce vero?!
Quali cibi mi hanno incuriosito di più? Gli involtini in foglie di Pandan del Padiglione Thailandia, peccato fossero esauriti… Mi sono quindi buttata sulle patatine alle alghe e sui ravioli ripieni di carne e poi fritti venduti allo snack bar del Padiglione Korea. Davvero strane le prime e simili ai ravioli polacchi i secondi.
Più cibi assaggio, più nascono in me assonanze di gusto e richiami tra culture anche slegate tra loro! E’ un po’ come parlare lingue diverse e volerne conoscere sempre di nuove, ricercare legami inesistenti tra ceppi diversi e sentirle comunque tutte abbordabili e affascinanti.
Il miglior riso dei paesi arabi? In Kuwait.
Amate le verdure in pastella? Non perdetevi quelle vendute al take away del Padiglione Oman.
Il caffè? Alla caffetteria della Colombia, come già dicevo, oppure al cluster caffè che è più contestualizzato e tipico. Io l’ho preso seduta su poltroncine in legno intagliato a mano, disposte in cerchio attorno a un tappeto sul quale viene posato il bicchiere di forte caffè dell’Etiopia. Ho scambiato due chiacchiere con la ragazza etiope che serviva il caffè dalla brocca e respirato un po’ di Africa… sebbene molto filtrata.
Forse questo mi ha deluso. Lo scambio culturale diretto con la gente che gestisce il proprio padiglione è asciutto, a volte persino impossibile. Poteva essere un’occasione per fare due chiacchiere e vivere di altri popoli e invece mi è stato concesso raramente. In Kenya, ad esempio, i ragazzi del mini ristorante sono carinissimi: ho potuto parlare di luoghi, metodi di cottura, esperienze mie in un villaggio nella regione di Kwale e vita del ragazzo che mi ha servito il chapati con verdure. Così sì ho rivissuto un pezzo di Kenya.
Il miglior fish&chips? In Inghilterra, ovvio.
Birra lodevole anche in Slovakia, Olanda e – neanche a dirlo – Belgio.
Zuppe? Le trovate in Polonia, ma anche in Kazakhstan.
Insomma ce n’è per tutti. E non ho parlato volutamente di cibo italiano: non l’ho proprio cercato in EXPO!
Ciò che ho odiato? Vedere il cibo sprecato, gettato a terra accanto a bidoni strapieni. Il messaggio dell’EXPO non è prima di tutto: cibo per tutti? Il Padiglione Zero non è forse quello che lavora sulle nostre coscienze e si impone di formarci sulla gravità dello spreco di cibo dandoci numeri enormi e impressionanti su quanto succede ogni giorno nei paesi ricchi? Forse la visita al Padiglione Zero avrebbe dovuto essere obbligatoria.
Per le foto, ringrazio Alice: amica e compagna di viaggio, oltre che esperta di EXPO.