Incontri lungo il cammino danno valore al vissuto

Gli incontri lungo il cammino sono spesso conviviali, forti, ricchi di scambio e confronto. L’incontro di oggi, al mio solo terzo giorno qui e seconda tappa, li ha superati tutti.

Lungo la seconda tappa, da Pieve Santo Stefano a Colle Viamaggio, era possibile fare una deviazione per l’Eremo del Cerbaiolo. Non avevo idea di cosa avessi trovato, avevo raccolto solo informazioni tramite la guida e le persone incontrate durante la tappa precedente… sembravano poco coinvolgenti a dire il vero.

Nonostante questo, vista la brevità della tappa e l’intensità delle salite previste poteva essere interessate spezzare e non perdersi nulla di ciò che l’Appennino tosco-umbro regala ai pellegrini.
Giunta lassù ne ho capita l’importanza.
Non solo per il luogo ma per Francesco, non il Santo bensì l’uomo che nell’eremo trascorre i suoi giorni prendendosene cura e accrescendo la propria anima.

Francesco è innanzitutto un credente, un buono atto all’accoglienza, un innamorato della vita e della bella gente, un positivo di fondo con un occhio critico sul presente e alcune situazioni correnti.
Si è parlato di religione in maniera estesa, dal cristianesimo ai rasta fahri, passando per il buddhismo. Tutte religioni legate ai luoghi nella quale sono nate, tutte perno delle culture di quei popoli, tutte guida per i propri fedeli, se non snaturate.
Questo è stato il punto: il gran mix fa di tutto un niente.

I suoi ragionamenti erano sentiti, colti e li condividevo.
La conoscenza del nuovo e del diverso attrae sempre ma la perdita di identità dovrebbe preoccupare, spaventare.
Conoscenza non deve essere indecisione sul chi siamo. È forse quando ci si perde un po’ che si ha bisogno di ritornare a conoscersi nel profondo? È quando ci si perde che si ha bisogno di mettersi in cammino?


Si è poi parlato del silenzio, della sua importanza per non coprire la propria voce a se stessi. Solo con il silenzio ci si riesce ad ascoltare bene. È la seconda volta che incappo in questo argomento in due giorni. Una volta per ciascuna tappa.
Che la gente preferisca vivere nel rumore quotidiano per non fermarsi a pensare? È probabile. Ma non siamo certo tutti uguali.

Francesco è multi-argomento, reputa i giovani più rispettosi di “certi sessantottini che oggi si credono ancora dei giovani e non si accettano per ciò che sono realmente”, teme coloro che vivono con una maschera e dice di saperli riconoscere e mettere fine alle recite, rifiuta coloro che non rispettano la sua vita oltraggiando l’ingresso nella sua proprietà nonostante l’esplicitazione degli orari di apertura.
Uno deciso insomma. Forse l’essere lassù a riflettere solo, per lungo tempo, porta consapevolezze fisse, che donano sicurezza a lui per primo.

Mi sono ovviamente chiesta se di tanto in tanto non avesse una visione un po’ distorta della realtà, come distante.
Certo è stato un coerente, un dotto, un ispirato, una singolarità, un gentile, un disponibile, un istruito, un religioso, un interessante, una conoscenza coinvolgente, una persona con la quale parlare per ore senza annoiarsi.
Se passate di qui, andatelo a trovare, custodisce un tesoro e non parlo solo dell’eremo in sè che toglie il fiato, dona ispirazione ed è testimonianza della vita di San Francesco. Parlo dell’uomo.

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