Sono tornata da pochi giorni dal mio viaggio zaino in spalla in Indonesia, tra Java, Bali, Lombok e le Gili, e sento che la parte più bella del viaggio per me è sempre legata agli incontri con la gente del posto.
E’ solo così che riesco a sentire un luogo davvero, a viverne le diverse sfaccettature. Solo così entro in un primo contatto che vada oltre il puro essere turista, che a me sta sempre un po’ stretto. Ogni luogo deve offrirmi esperienze arricchenti, non solo legate al territorio, al mio adorato camminare, alle bellezze naturali bensì alle persone. Sono loro che, per me, fanno la differenza.
E così eccovi alcuni mini racconti dei miei incontri più interessanti nel mio viaggio laggiù in fondo, principalmente su due delle quattro isole visitate nell’arcipelago indonesiano. (Scusate fin da ora per le poche foto con i protagonisti: nel vivere i momenti dimentico sempre di scattarne; migliorerò!)
JAVA
L’AIRBNB. A Borobudur ho soggiornato presso una famiglia svizzero-indonesiana. Jolan, lui, svizzero e rilassato come in genere gli svizzeri non sono. Uus, lei, javanese gentile e dalla voce calma, accogliente e casalinga dal passato di impiegata in un grande albergo di Yogyakarta. E poi il resto della famiglia: i cognati e la mamma di Uus costantemente presenti, i bambini, l’amico venuto da Ginevra e un piccolo e grazioso lemure.
Tutt’intorno strade di terra rossa e distese di palme che mi hanno riportato alle tre settimane vissute nella Shimba Hills Forest Area in Kenya. Una bella connessione tra luoghi e vissuti. Con loro ho assaporato il primo piatto della cucina indonesiana a base di verdure cotte con aglio e peperoncino piccantissimo, riso al vapore e tofu fritto.
Con loro ho avuto il piacere di sperimentare l’accoglienza fatta di piccoli gesti, di sorrisi aperti, di spring rolls offerti, di Jasmine Tea profumatissimo. E’ stato il suo profumo e quel gusto dolce ma non troppo a fare da collante tra tutte le tappe del viaggio. La mia Indonesia da Pinkpacker è iniziata qui, a casa di Jolan e Uus.
LA STAZIONE DI YOGYACARTA.
In genere luogo di passaggio veloce, la stazione di Yogyakarta è stata il mio luogo per qualche ora notturna in attesa di un treno per Malang. Un luogo sicuro e controllato, pulito e confortevole, ben servito da bar e negozi 24/24. E’ stato al punto di ricarica-batterie pubblico che ho conosciuto Adhi. Avevo appena letto un commento a un mio post in cui mi si avvertiva riguardo al turismo poco sostenibile diffuso a sud dell’Isola di Java, dove io ero diretta.
Ebbene, Adhi lavora al Ministero dell’Ambiente indonesiano con sede a Jakarta. Un javanese atipico, l’ho capito fin da subito, dal suo inglese curato, dalla mentalità internazionale, dalla passione per l’ordine e la pulizia, oltre che per Valentino Rossi (ma questo è molto comune in tutto il sud est asiatico). Ha vissuto un anno in Giappone per fare un internship, vorrebbe viverci un giorno, chissà se ci riuscirà, intanto si impegna per il suo paese e viaggia parecchio negli stati affacciati all’Oceano Indiano.
E’ in crescita ed è consapevole di ciò che accade al Vulcano Bromo o all’Ijen nei periodi di alta stagione, ma il suo Ministero si scontra quotidianamente con la mentalità della popolazione e la sola intenzione di arricchirsi. Difficile far rispettare regole all’europea, difficile far evolvere le menti in breve tempo. Intanto mi assicura che ci stanno lavorando, che il rispetto dell’ambiente è la priorità e che è impensabile tentare un approccio avanzato: la gente non recepirebbe altro che l’impedimento al guadagno. Sarà una lunga battaglia che passa dall’istruzione. Ora lo so, non lo accetto fino in fondo, ma lo so.
BALI
FORESTA DI MUNDUK.
Dopo il trekking alle cascate di Munduk, dopo esserci perse tentando il rientro da una scorciatoia, dopo esserci trovate nei pressi di una casa custodita da una bimba dolcissima che ci ha indicato la strada giusta e regalato un sorriso immenso fatto con gli occhi, abbiamo incontrato una dolce famiglia che vendeva spezie, tè, caffè, frutti.
Un espositore in legno, un pannello verticale, un viottolo laterale che portava alla loro casa, qualche gallina libera. Questo il quadro perfetto; come non fermarsi? Due giovani genitori e una graziosa bambina di qualche anno ci accolgono con semplicità ed empatia.
Lui ci porge i semi di cacao tostati da assaggiare con il dolcificante semi-liquido derivato dallo zucchero di canna grezzo. Ci ha conquistate.
Qui abbiamo comprato zafferano e caffè balinese, tè da piantagioni locali e bacche di vaniglia.
Qui abbiamo saputo che un metodo naturale per evitare le punture di insetto è bere tisane alla lemon grass, oppure farne un decotto e cospargersi il corpo. Ecco da dove derivava la forte scia al limone rilasciata da alcune persone incrociate sui mezzi pubblici!
IL TASSISTA.
Fermare un taxi a Munduk, nell’entroterra poco battuto di Bali, potrebbe essere difficile, soprattutto fuori stagione. Alcuni privati garantiscono, così, il servizio taxi in quanto affiliati a un’associazione di tassisti con sede altrove. Si tratta, ma i prezzi qui sono alti. Il nostro tassista ci fa sedere in veranda, giocare con il figlio di un paio d’anni e trattare.
Esce a turno ogni membro della famiglia, ci ronzano intorno finchè non stipuliamo l’accordo e poi inizia il rito. Il taxi non viene spostato finchè la benedizione non è terminata, gli dei vengono venerati e la loro protezione viene richiesta con doni, incensi, acqua, cibo e preghiere.
Un ultimo incenso viene posizionato all’esterno del parabrezza e ci accompagnerà per i primi km di viaggio. Peccato non aver potuto approfondire il significato di quel rito con il tassista che, come molti, non parlava inglese.
MADRE E FIGLIA in HOMESTAY.
A Ubud, fuori dal centro caotico anche in bassa stagione, c’è un grazioso homestay in stile balinese in cui servono la colazione nella veranda fronte camera.
Cortesia e dolcezza qui raggiungono livelli altissimi e toccano il cuore. Peccato non poter comunicare con loro al di fuori di poche pratiche informazioni.
L’inchino della giovane ragazza che ci portava tè caldo e frutta fresca rimarrà per sempre davanti ai miei occhi.
Il sorriso dolce e rassicurante di sua madre quando le abbiamo chiesto se potesse farci il bucato ci ha fatto sentire coccolate.
Vederle entrambe con il loro vestito migliore, prima di una cerimonia hindu il sabato sera in cui avrebbero avuto un ruolo predefinito è stato un episodio pieno di serenità: “we go to temple. you pay later”. Semplice ma efficace.
Le divinità del loro credo non vanno fatte attendere, per i soldi invece c’è tempo. Priorità balinesi.