Durante la nostra breve vacanza a Marrakech, per festeggiare il mio 33° compleanno, abbiamo visitato gran parte della città vecchia, racchiusa tra le mura della Medina.
Palazzo Bahia, Palazzo El Badi e il ghetto ebraico; il suq e le particolarità culinarie di Djemaa el-Fna; il fascino dei riad marocchini.
Abbiamo anche fatto una gita tra i berberi nella valle di Ourika.
La città nuova non riserva particolari attrazioni e la tradizione è stata decisamente messa da parte in favore di supermarket, parcheggi per pullman…
I giardini di Majorelle sono l’eccezione. Quell’oasi di natura e pace nascosta nel bel mezzo del caos e della sporcizia della metropoli marocchina che proprio non ti aspetti di trovare.
Li abbiamo raggiunti dopo 45 minuti di tour in calesse tra la città vecchia e quella nuova.
Aggiungiamo 15 minuti buoni di contrattazione con il “cocchiere” che non voleva assolutamente far scender il prezzo a cifre proporzionate: tendono decisamente a spennare il turista!
Solo una sosta, non richiesta ma inevitabile, ad una farmacia dove con pressante insistenza hanno tentato di venderci prodotti a base di olio di argan. Costosissimi.
Il calesse è costato 18€ complessivi mentre l’ingresso ai giardini 5€ che li valeva tutti.
I Giardini di Majorelle si presentano come un ombreggiato parco che racchiude moltissime specie di piante provenienti dai 5 continenti.
Percorrendo i vialetti immersi nella fitta vegetazione, si può sostare sulle colorate panchine e ammirare una affianco all’altra enormi esemplari di palme, aloe, crissula, cactacee, bouganville, ninfee…
Molte piante, tra le più piccole, trovano dimora in grandi vasi e anfore in terracotta dipinte di colori sgargianti che spiccano ma si integrano perfettamente con l’atmosfera naturale e surreale del luogo.
Il giardino prende il nome dall’artista francese Jacques Majorelle che, nel 1919, scelse Marrakech come dimora.
Qui si fece costruire una villa in stile liberty le cui pareti furono dipinte di un colore blu intenso che ancora oggi viene chiamato “blu Majorelle” ed è proprio quello che emerge maggiormente tra i vasi lungo i sentieri.
Nel giardino sono presenti due specchi d’acqua, uno molto piccolo con una fontana al centro e alimentato da un canale in pendenza sul cui ponticello si possono scattare bellissime foto circondati da enormi canne di bambù; mentre il secondo, il più grande, sta al centro del giardino e contiene anche ninfee, pesci, rane e piccole tartarughe.
Il parco fu aperto al pubblico nel 1947 e dopo la morte di Majorelle, nel 1962, la villa e il giardino rimasero abbandonati fino al 1980 quando furono acquistati dal famoso stilista Yves Saint-Laurent e riaperti nuovamente al pubblico.
Allo stilista francese è stato dedicato un piccolo monumento a colonna posizionato tra le piante del giardino.
Possono trascorrere ore prima che vogliate uscire da quella giungla elegante e selvaggia allo stesso tempo. Il cinguettio di numerosi uccellini rompeva il silenzio e veniva spontaneo parlare sempre a bassa voce.
Mi ha rapita la zona delle cactacee, mia passione da anni. Piante grasse immense, alte più di 4 metri con spine spaventosamente grandi. Bellissime, quanto mi sarebbero piaciute a casa, nel mio giardino!
la nota dolente è forse il piccolo bar all’interno del complesso. Abbastanza carino e il linea con la sobria estetica dei giardini ma vergognosamente costoso. Peccato, perchè una sosta sui suoi tavolini di ferro battuto godendo dell’acqua nebulizzata per alleviare la calura non sarebbe stata affatto male.
Quando sarete pronti a lasciare l’oasi e ributtarvi nei rumori e forti odori di Marrakech, tirate l’ultimo respiro di ossigeno buono e preparatevi a dribblare i taxisti che vorranno riportarvi in Medina a prezzi esorbitanti.
Fate 100 metri e fermate un taxi sulla strada principale, ve la caverete con 2 euro.
Potete fare la stessa scelta del taxi anche all’andata, da Djemaa el-Fna, se non siete interessati al giro in calesse.
1 comment
Ciao,
Spettacolare articolo su una delle meraviglie di Marrakech, complimenti.
Buon lavoro
Pasquale e Malika
http://www.vacanzemarrakech.altervista.org