La giornata di oggi è iniziata in uno dei luoghi pregni della più intensa delle positività che io abbia mai visitato: il Santuario della Verna.
Come tutti i pellegrini, alle 7.50 ho ricevuto la benedizione dei frati e durante un colloquio successivo ho avuto il rinforzo su che ciò che sta alla base del mio cammino: una ricerca di stabilità, equilibrio e via in totale silenzio.
Il silenzio è spaventoso se ci si pensa, ci obbliga ad ascoltarci, per questo spesso lo riempiamo di rumore, per questo ho proprio scelto di affrontarlo e mettermici faccia a faccia.
Così sola sono partita zaino in spalla e mappa alla mano.
Il sentiero della tappa La Verna – Pieve Santo Stefano è molto ben segnalato e relativamente facile. Con questo voglio dire che anche una donna da sola nei boschi e nei passaggi di pascolo non ha nulla da temere. Incito chiunque a farlo. Anche fosse una sola tappa.
I paesaggi si alternano meravigliosi, la natura più rigogliosa che mai è accogliente e compagna. Le mosche, invece, lo sono un po’ meno!
Il susseguirsi di salite termina presto nella prima tappa, poi un dislivello di oltre 900 m a scendere porta a destinazione scorrendo totalmente su strade bianche, tra pascoli, aree boschive e torrenti.
Il bello del cammino è che non finisce con la fine della tappa.
L’essere in cammino è uno status quotidiano e perenne e va dal lavaggio dei panni alla pianificazione della tappa successiva, dall’incontro con altri pellegrini alla rivoluzione continua dei piani. Ora, forse, ho capito: meglio non farli. Ci penserà la provvidenza!
Ho deciso per una breve tappa domani, 13 km fino al Passo di Viamaggio dal quale poter magari osservare nella tranquillità della notte l’immenso cielo stellato dell’agosto boreale.
È stata una decisione inizialmente sofferta perché aveva il retro gusto amaro della rinuncia alla tappa più dura e impegnativa della Via del Nord.
Non trovando alloggi disponibili a chilometraggi che reputavo fisicamente idonei mi sono affidata al suggerimento di un ragazzo appena conosciuto, ho chiamato e domani sarò là con un gruppo di altri tre pellegrini.
La serenità che subito ho trovato mi ha stupito. Nel quotidiano lo sballare un piano mi crea spesso nervosismi. Qui, invece, è tutto molto fluido e naturale: ciò che importa è il cammino. Il tempo è relativizzazione del percorso sia fisico sia interiore, il tempo e il suo scorrere vanno totalmente dimenticati.
È un po’ ciò che mi accade in Africa, lo stacco totale con la vita veloce e occidentale arriva solo quando cambio ritmo, mi inserisco e mi adatto perfettamente alla vita locale.
Con questa visione assoluta, il cammino non può che sciogliere l’animo, donare equilibrio, pace e stabilità. Considerare ogni passo, forse ogni tappa, un successo è rafforzativo e incoraggiante. Cambiare prospettiva è la mia vittoria.