Dopo aver scaricato i materassi di gomma piuma dal tetto del carrapide ed esserceli trascinati insieme alle valigie, sulla sabbia e tra le macerie delle case sconnesse di cui percepivamo solo l’ombra, eravamo giunti a Chez Noël, che sarebbe poi automaticamente diventata chez les toubab, chez nous.
Nel pieno della buia notte africana, salire le scale sotto il peso delle valigie era un’impresa, abbandonarsi al sonno un miraggio che avremmo presto raggiunto. Suddivisione delle camere, incontro con l’altra metà del gruppo strappata dalle braccia di Morfeo e buona notte mondo!
Sveglia tardi, colazione in terrazza, sguardo su Malika, l’agglomerato di case sparse che ci avrebbe accolto per due settimane, e poi via in spiaggia a fare il primo bagno (e a prendere la prima cazziata!).
Dopo aver scoperto il chocopain, l’oceano nei pressi di Malika e l’idea di gruppo di Laura (non me ne volere!) abbiamo iniziato ad… aspettare il carrapide per andare a scuola, a conoscere i nostri “colleghi” insegnanti, freschi, sereni ed entusiasti.
Presentazioni in cerchio, nomi memorizzati zero. Fantastico: iniziamo bene!
Dopo le formalità e i primi tentativi di sciogliere il ghiaccio (cosa che con quel caldo avrebbe dovuto avvenire in modo scontato) ci siamo fatti sorprendere e coinvolgere dai bambini. Entravano a scuola impazienti di farsi conoscere e con la stessa impazienza si litigavano bonariamente il posto vicino a noi. Quale onore!
Facevano a gara per insegnarci canzoni e giochi con le mani, conte per bambini che ti entrano nella testa e nel cuore e non te le scordi più! Parole prese da tre lingue differenti che cercavo di afferrare in qualche modo e di ricomporre affinchè avessero un senso logico, anche se poi un senso non ce l’avevano.
È solo una conta in francese, wolof e inglese – cosa volere di più da quelle voci in coro, se non il vedere la soddisfazione negli occhi del vincitore finale di ciascuno degli innumerevoli giri di conta?!