Senegal, giorno 7: un gelido, bucolico ferragosto africano

Freddo. Ebbene sì: 14° 00′ N di latitudine e un freddo così neanche in Italia.

Era il giorno della prima gita fuori porta, era festa cattolica e la scuola era chiusa, così avevamo organizzato la visita ai paesi costieri di Joal Fadiouth a sud di Dakar, oltre la turistica Petite Côte.

Ci volevano ore per raggiungerli e vedevamo il paesaggio cambiare intorno a noi, dalla sabbia del nord del paese alla terra rossa, dalla scarsa vegetazione ai baobab.
Emozionante era anche quanto accadeva sul carrapide: si cantava, si chiacchierava, si rideva e ci si integrava sempre più con gli altri insegnanti della scuola. Eravamo davvero un bel gruppo!

Arrivati a destinazione, c’era il diluvio universale e noi, come pulcini, venivamo trasportati sulle piroghe da stoici vogatori senegalesi che tanto ricordavano i gondolieri.

Vento che direzionava le piroghe nelle mangrovie, che alzava le onde e ricordava tanto l’Europa, quella del nord nei mesi autunnali. Imbarcavamo acqua e la situazione era davvero assurda.

Infradito, costume, pantaloncini, canotta, direi che con l’abbigliamento ci avevamo preso! Chi se lo sarebbe mai immaginato di trovare tanto freddo?

Insegnamento: non lasciare mai a casa i kway.
Vagabondi da una riva all’altra, testa bassa sotto i ponti – che staccano un metro dall’acqua – a evitare macabre decapitazioni, in cerca di riparo sotto le tettoie più improbabili, protetti dalle grandi schiene dei baobab sull’isola delle conchiglie e al cimitero dei griò e, comunque, sorridenti. C’est pas grave.

Beh non che le maledizioni non siano scappate, ma abbiamo saputo apprezzare un sacco di piccole cose. Le piazze coperte con tetti di palma, luoghi di ritrovo cittadino con panche e zucche svuotate a fungere da strumenti musicali pubblici.
Le nostre pashmine riutilizzate come scialli ridotti al minimo, ma almeno li avevamo.
Un piatto di patatine al piccolo ristorante sulla costa ci era sembrato un miraggio, gustoso come non mai e poi c’era un bagno… ehm dico BAGNO.
È davvero normale non avere un bagno all’occidentale in Africa, ci si adatta al luogo, si condivide anche quello, ma non ci si abitua e, quando, a Joal Fadiouth abbiamo trovato questo ci siamo dichiarati soddisfatti come non mai dopo sette giorni di Africa.

Camminare sulle conchiglie che scricchiolano, visitare cimiteri dove musulmani e cristiani riposano insieme in pace, suonare le zucche vuote, immaginarsi il baobab sacro più grande del Paese attraverso i racconti di chi ci era già stato e riuscire a entrargli nel ventre buio e simbolo di vita… ok ok c’erano i pipistrelli e ci hanno scorticato una gamba per entrare ma è stata un’emozione pazzesca! Woy man…

Questi sono posti che una volta nella vita vanno visitati. Ti entrano dentro e non ti lasciano più.

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