Storie di giorni di pioggia, le ore più dure del cammino

Ogni cammino ha la sua tappa più lunga e dura, quella in cui stringere i denti e andare avanti; se poi ci si mette anche la pioggia diventano ore durissime.

All’ottava tappa la stanchezza inizia a farsi sentire, le gambe sono rigide, i tendini del tallone tesi e qualche dito dei piedi inizia a far male anche a me.
La sera prima non ci si è riposati molto: Gubbio meritava una visita, il centro storico medievale è meraviglioso e l’importanza di questa città per San Francesco è indiscutibile.

Con Don Marco prima della partenza per Valfabbrica sotto la pioggia battente

Ore 7.50 con un’ora di ritardo sulla tabella si parte, sotto una leggera pioggerellina. Don Marco dell’oratorio della Madonna del Prato propone di dotarmi di un nuovo impermeabile fai-da-te, dubitando che il kway oggi non basti.
Effettivamente ci sarebbe voluta la tela cerata, ma è una delle cose a cui ho rinunciato per limitare il peso dello zaino. Non fatelo mai! Io ho imparato la lezione sfoggiando una gran bella divisa antipioggia che dopo un paio di km lasciava infiltrare già dell’acqua.

Bagnata fradicia, maniche inzuppate e calze a condurre acqua nelle scarpe ho percorso i seguenti 10 km o forse più tra strappi in salita e brividi di freddo.
Ero tranquilla. Quello era il mio cammino. Si vede che doveva andare così.
In questo modo ho provato ogni aspetto del cammino, sentito ogni sensazione sotto ogni condizione meteorologica e vissuto tutto appieno.

Nonostante fossimo partiti in quattro, è stata la giornata dei grandi momenti in solitaria ed anche del maggior numero di incontri lungo la via.
Sotto l’acqua il tempo correva lento, i km macinati ancor più lenti e la testa tendeva alla sconsolazione.
Fortunatamente erano solo istanti, la mente ormai fortificata e sicura riusciva a dare il giusto impulso al corpo per proseguire passo dopo passo.

Quando il sole ha iniziato a far capolino dietro le nubi e la pioggia a diminuire di intensità, mi son ritrovata in profonda preghiera con la natura. Ero a un livello intenso di comunicazione con l’ambiente attorno, percepivo gli odori emanati dalle fronde bagnate dei pini e sentivo il fogliame dal profumo autunnale.
E poi l’erba scivolosa e verdissima, la nebbia nelle vallate ad attenuare suoni e a limitare la vista in lontananza, come se la concentrazione dovesse rimanere lì: strettamente intorno a me.

Lascio un messaggio sul Diario dei Pellegrini presso Madonna delle Grazie a 15 km da Gubbio

Ai primi veri raggi di sole mi son sentita esaudita, mi son fermata a una chiesetta con altri pellegrini, ci siamo asciugati un poco e ho lasciato un messaggio sul Libro dei Pellegrini. La mia strada poteva proseguire.

Di nuovo in solitaria dentro i boschi, su vie scivolose per il fango lasciato dalla pioggia battente di qualche ora prima, di nuovo i sensi affinati a percepire tutto quanto fosse intorno a me. Ero sola. Ogni tanto voci di altri pellegrini che avrei incrociato molto dopo.

Energie finite. La tappa da 35 km mi ha messo alla prova davvero

Finita la salita spiana sempre, ed infatti accanto a una chiesetta c’è stato modo di riposare e stendersi al sole ad asciugare come il bucato d’estate.
Da lì in poi sono stata fortunatamente in gruppo: l’acqua scarseggiava, fonti non se ne trovavano, mancavano ancora 15 km ed ero stanca e affamata.
Il nostro sostentamento sono state delle more, la ripresa mentale è avvenuta grazie a due chiacchiere con un cacciatore di tartufi che ci ha incoraggiati sulle distanze e dato due dritte su come accorciare il percorso di circa 4 km.

Magari un giorno lo rifarò completo, ma per oggi l’essere passati dai boschi e aver evitato la più semplice e breve strada asfaltata mi basta.

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