Salar de Uyuni: le tappe del tour di 3 giorni

Fin dal momento della prenotazione dei voli, il Salar de Uyuni in Bolivia, la più grande distesa di sale al mondo, visibile dallo spazio come un’enorme chiazza bianca nel centro del Sudamerica (si dice che Neil Armstrong, non appena atterrò sulla terra con l’Apollo 11, rimase talmente impressionato da questa chiazza bianca che volle andar subito a vedere di cosa si trattasse) era la nostra meta clou, seconda solo al Machu Picchu in Perù.

Il tanto agognato tour di 3 giorni nel Salar, per noi non è partito nel migliore dei modi a causa dei frequenti scioperi che spesso paralizzano i collegamenti interni in Bolivia: con un giorno di ritardo e tanta tensione nervosa perché ancora la mattina della partenza non sapevamo se saremmo partiti o meno per il tour (già pagato in anticipo), alle 10 arriva la nostra guida Alberto e ci carica sulla jeep.
Ci avvisa che a causa di un blocco sulla strada per Colchani, affronteremo il tour al contrario.

Poco male: serbare il Salar de Uyuni come ultima tappa, non ha turbato di certo nessuno!

Primo giorno:

Il Cimitero dei Treni

Si parte in ritardo sulla tabella di marcia (11:30), dopo lunghe trattative di Alberto con i manifestanti (tassisti in sciopero contro la nuova stazione degli autobus) per uscire dall’abitato di Uyuni, alla volta del Cimitero dei Treni.

Abbandonati lungo la linea ferroviaria Uyuni-La Paz, queste carcasse di antiche locomotive e vagoni (alcuni del 1800) corrose dal sale è tutto quel che rimane delle antiche e fiorenti miniere di argento (ora in gran parte abbandonate) della zona.

La chiesa di San Cristobal

Proseguiamo lungo una lunga strada che costeggia la vecchia ferrovia sino al piccolo paese di San Cristobal, ultimo centro abitato che incontreremo da qui fino alla fine del tour.
Cogliamo l’occasione per far rifornimento di cibo nel piccolo mercato e per visitare la minuscola e decadente cittadina mineraria. Nella chiesa, vi è un altare fatto interamente con l’argento estratto dalla miniera.

La Valle de Rocas

La strada è lunga: facciamo sosta per pranzo (in piedi!) sulle rive di un torrente insieme ad un gregge di lama per poi ripartire listos verso Valles de Rocas.
Una foresta di rocce, create dai vulcani e scavate nei millenni dal vento, formano un paesaggio surreale, artistico.
Scattiamo foto di ogni scorcio e ci divertiamo a dare un nome alle rocce che assomigliano a uomini o a personaggi fantastici.

Un mate de coca per cercare di scaldarci

E’ tardo pomeriggio e, non trovando posto nel primo rifugio (a 3900 m slm), la guida ci porta, dopo un’altra ora di viaggio, all’hostal San Bernardo a quota 4400m. Giungiamo intorno alle 18:30, stremati dopo questo primo giorno di viaggio e, ahimè, ad attenderci non c’è una doccia né un letto caldo, ma solo un mate de coca in attesa della cena che giunge subito dopo: brodo di verdure e spaghetti al pomodoro.
Non male come menu, il problema era la temperatura nella sala da pranzo: non facevi tempo a portare il primo cucchiaio alla bocca che il resto della zuppa era già fredda!

La nostra camerata all’hostal

Alle 21 i generatori si spengono ed inizia la difficile notte: con indosso tutti i vestiti più pesanti a disposizione, giacca a vento, sciarpa, cappello e guanti, ci si infila dapprima nel sacco a pelo, quindi ci si infratta sotto 2 spesse coperte di lana di alpaca stesi su di un sottile materassino appoggiato su un basamento di gelido cemento! Non so la temperatura minima raggiunta nella camera, ma vi basti sapere che a fine autunno (giugno) di notte l’acqua delle nostre bottiglie si è ghiacciata!

Secondo giorno:

Geysers della Valle de Mananas

Il più bello. Al mattino la sveglia alle 4:30 non ci ha turbato (molti di noi non si erano nemmeno riusciti ad addormentare!), perché almeno in jeep ci saremmo potuti scaldare!
L’alba sull’altipiano dei vulcani è stata resa ancora più magica dai geyser del Solar de Manaña. L’odore di zolfo, il calore dei vapori e i mille arcobaleni che formavano tra i raggi del sole, han fatto passare immediatamente scordare la stanchezza e i -15°C di temperatura.

La Laguna Verde

Il sole inizia ad alzarsi e Alberto ci porta alla Laguna Verde, il punto più remoto del tour rispetto ad Uyuni, al confine col Chile. La laguna verde, così chiamata per le sue acque tossiche cariche di piombo, è in realtà completamente ghiacciata e purtroppo solo una minima parte è visibilmente di colore verde.

Alla Laguna Colorada

Fenicotteri alla Laguna Colorada

Ritorniamo viaggiando accanto alla linea di confine con il Chile fino a raggiungere il luogo più incantevole di tutto questo altopiano: la Laguna Colorada.
Un enorme lago rosa, ricco di batteri che gli conferiscono questo colore, e abitato da una numerosissima colonia di fenicotteri andini.
Forse vi sembreranno famigliari queste fotografie?
Beh, oltre alla mia modesta foto della sezione In viaggio col Medico, i fenicotteri della Laguna sono già apparsi su molti dei vostri computer (in particolare nei salvaschermi del Mac 😉 )!

L’Arbol de Petra

Lasciamo a malincuore questo lago davvero spettacolare, continuando a scattare fotografie anche mentre la jeep è in movimento, in direzione dell’Arbol de Pedra (albero di pietra), una stranissima scultura naturale in mezzo al deserto Dalì.

Il deserto Dalì è così chiamato per le maestose rocce che sembrano esser state appoggiate sui versanti sabbiosi delle montagne, come nei quadri del pittore spagnolo.
Ci fermiamo qui per un pranzo veloce in compagnia delle Viscacha, uno strano coniglio di montagna dal pelo lungo simile al cincillà molto curioso e vorace.

Laguna Hedonda

Decollo plastico

Nel pomeriggio ci aspettano ancora diverse tappe alle 4 lagune vulcaniche (Laguna Cañapa, Hedonda, Chiarkota e Honda), anch’esse abitate da fenicotteri, fino a raggiungere, dopo altre 3 ore di viaggio, l’hotel di sale ai bordi del Salar.

L’assenza di riscaldamento per questa notte non si è fatta sentire: temprati dalla notte precedente, a quota 3650m slm sembrava di essere ai tropici!

Terzo giorno:

L’alba al Salar: magica!

La coloratissima alba alle 5 del mattino

Ci svegliamo alle 6 per contemplare i magnifici colori dell’alba nel Salar. L’aria è a dir poco frizzantina (-10°C) ma lo spettacolo non ha prezzo.

I colori che si riflettono sui nostri volti illuminano poco alla volta la distesa di sale bianco. Sfumature di viola, fucsia, rosso, arancio. E’ uno spettacolo che non stanza, ma commuove!

Cactus all’Isla Incahuasi

Ci dirigiamo all’Isla Incahuasi, o Isla del Pescado, una vera e propria oasi al centro dell’infinita distesa di sale.
La piccola collina rocciosa è abitata solamente da enormi cactus alti più di 4 metri, l’unica forma di vita in questo deserto bianco.
Dalla cima si può godere il panorama più bello, a 360°, sul Salar de Uyuni.

Atletici tra gelo e altitudine!

Sulla via del rientro in direzione Colchani c’è ancora tempo per alcune fermate per scattare fotografie goliardico-artistiche: il deserto di sale bianco ed il cielo azzurro ingannano la prospettiva.
Un po’ di rammarico per esserci andati nel periodo secco, ideale per poter fare il tour completo di 3 giorni, ma col prezzo di non poter ammirare il cielo che si fonde con la terra quando, durante il periodo delle piogge, il salar è ricoperto da un sottile strato d’acqua.

La Parigi-Dakar è passata da qui

Sculture di sale

Ultime tappe l’antico hotel di sale in mezzo al Salar de Uyuni (oggi è un bar con un museo di sculture di sale), sede di partenza di una tappa della Parigi-Dakar 2014; i mucchi di sale (nei pressi di Colchani è ancora estratto per gli animali) e una sosta per l’ultimo pranzo insieme alla guida sulla strada per Uyuni.

Stanchi, sfiniti, sporchi e puzzolenti dopo 3 giorni senz’acqua calda raggiungiamo l’hotel intorno alle 15 per una doccia calda e un riposino durato alla fine 4 ore!
La stanchezza passa in fretta, ma i ricordi e gli scenari visti rimarranno per sempre nei nostri occhi!

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A breve, un post coi nostri consigli su come organizzare il tour (scegliere l’agenzia, i prezzi) e tutto il necessario che dovete portare con voi per affrontare questo duro e bellissimo viaggio.

Le emozioni di Greta invece le potete già leggere qui: La mia avventura nel Salar de Uyuni.

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3 comments

Alessandro @ Girovagate 26/01/2015 - 20:04

sono stato al lago salato in Turchia e mi è piaciuto un sacco,
quando un giorno andrò qua (è uno dei miei sogni) penso che impazzirò 🙂

Poi adoro i fenicottteri rosa…. la Laguna Colorada non posso perdermela!

Greta 26/01/2015 - 20:23

Davvero non saprei dirti cosa è più emozionante al Salar de Uyuni! Sai, persino la difficoltà fisica generale fa parte dell’esperienza. Te lo auguro presto: splendido!

Greta 26/01/2015 - 20:24

Invece per me, mi auto-auguro un quarto viaggio in Turchia, che non mi stanca mai! 😉

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