Il giorno più atteso dal popolo Malgascio è senza dubbio la domenica pomeriggio, quando, in ogni città e persino nei più piccoli paesi, si organizzano i tornei di Boxe Malgascia.
Avvistando, durante uno dei nostri giri in moto, uno dei tanti rusticissimi cartelli scritti a mano su un cartone ondulato con qualche fotografia ingiallita dei pugili, la domenica ci organizziamo e, grazie all’aiuto e alla compagnia dei Beach Boys, con un taxi raggiungiamo il luogo dell’evento più vicino, a Dzamandzar.
Ci è stato giustamente sconsigliato raggiungere il ring in moto o in bicicletta: gli incontri, infatti, finiscono al calar del sole e le strade, col buio e con la gente che cammina a bordo strada, sono un po’ più pericolose del solito.
Il ring è allestito in un polveroso parcheggio, che per l’occasione è stato recintato con teli cerati per ostacolare i “portoghesi” che cercano di sbirciare dai tetti o in piedi sulla sella delle motociclette.
Da un buco nella rete, ci si affaccia per comprare il biglietto (2000 Ariary-0,6€) e si entra.
Sulla destra un locale, serrato fino al giorno prima, divenuto bar, a sinistra, tra spartitraffico, polvere, chiodi e vetri in terra, il ring!
Quattro pali di legno e una fune lo delimitano. A ridosso, giunti molte ore prima di noi, gli uomini con mogli e bambini siedono su panche di legno o su sgabelli o casse di bibite portati da casa.
Giungiamo alle 15:30, in ritardo rispetto all’ora di inizio segnalata (15:00), ma fin troppo in anticipo rispetto agli incontri più attesi (ne erano previsti 5) che inizieranno non prima delle 17:30!
Si parte infatti con gli incontri “amatoriali”: gli organizzatori cercano tra il pubblico, anche tra i pochi turisti stranieri presenti, dei “volontari” (che poi tanto “volontari” non sono!) che si sfidino per un premio (in contanti e messi in bella mostra dallo speaker) di 50000 Ariary (16€).
Per questi incontri preliminari si fanno avanti le giovani promesse della boxe malgascia, alcuni provenienti anche dall’isola madre dopo un viaggio di diversi giorni. Nell’isola di Nosy Be infatti, essendo molto turistica, i premi in denaro sono molto più consistenti rispetto al resto della nazione, dove si aggirano sui 15000-20000 Ariary (4-6€).
I proventi derivano quasi tutti dalle scommesse, per legge vietate, raccolte dagli allibratori che si aggirano tra il pubblico sotto gli occhi dei poliziotti, che lasciano fare.
Gli scontri iniziano alle 16:00, dopo l’ascolto, tutti in piedi, dell’inno del Madagascar.
Non esistono spogliatoi: i lottatori, anche i professionisti, si cambiano al bar o tra la folla.
Entrati nel ring, i pugili fanno bella mostra di sé e dei propri muscoli, provocando e sbeffeggiando a parole l’avversario, mentre il pubblico, osservandoli, piazza le scommesse.
Gli incontri (3 round di 3 minuti ciascuno) sono avvincenti: l’agonismo e i colpi sono sempre vivi e rumorosi ed il tifo del pubblico molto incalzante.
Non esistono guantoni o protezioni, non ci sono regole o colpi proibiti, vale tutto!
La tecnica, invece, lascia molto a desiderare. Non aspettatevi colpi spettacolari, parata e attacco, uppercut, calci volanti… sembra di assistere più ad una zuffa tra ragazzini ai giardinetti!
L’arbitro interviene solo per separare i lottatori, per ammonirli se indugiano nello scontro o per dichiarare la vittoria.
Dopo le 17:30, iniziano gli incontri più attesi. La tensione sale, così come il numero delle scommesse. I “professionisti” arrivano anche a guadagnare 100000 Ariary (30€) in caso di vittoria.
Man mano calano le tenebre e ci si affretta a terminare il programma: nel parcheggio non ci sono luci. Le “esibizioni” pre-gara sul ring saltano: bisogna finire in fretta o non si vede più nulla!
E proprio l’ultimo incontro, quello tra il campione locale e quello di Helle Ville (un derby!) viene disputato in penombra: tutto il pubblico in piedi!
Dal bar accorrono tutti a bordo e anche dentro il ring per sostenere il proprio beniamino. Noi troviamo posto in piedi sulle traballanti panchine, ma non si riesce a vedere quasi più nulla.
Il match è molto equilibrato, con colpi a segno da entrambe le parti.
L’arbitro, prima del tempo e non si sa in base a quale regola, nomina il vincitore… La folla esulta! E’ il pugile di Dzamandzar!
E’ buio pesto, il pubblico esce dallo “stadio” e si affretta a tornare a casa. Sono le 18:30. Noi attendiamo qualche minuto gustandoci l’ennesima birra perché il traffico è troppo congestionato tra moto, auto, trattori, biciclette e carretti trainati da asini e buoi.
Un pomeriggio indimenticabile, che però nasconde un lato molto crudo.
La boxe malgascia è sì uno sport, ma forse ancor più un lavoro e una guerra per sopravvivere. Pochi spiccioli per noi, una fortuna, che vale i giorni di viaggio e i durissimi allenamenti, per uno dei popoli più poveri ma anche tra i più gentili al mondo.
6 comments
Che bella esperienza! Il modo migliore per tuffarsi nella cultura e nella gente del posto…
Decisamente. In un’unica occasione abbiamo avuto davanti tutte le generazioni e le classi sociali. Tutti che si comportavano allo stesso modo attorno a quel ring!
Grazie di essere passata Lucia! 🙂
Che bello questo post, davvero interessante! Io sto per scriverne uno sulla boxe thailandese 🙂
Grazie Ste! Filippo ne ha scritto uno sul torneo di muay thai visto alla Patong arena di Phuket! Bellissimo!!
No ma..quei bambini? Parliamoneee *_* sono troppo belli!
Hai visto che scarpe “per la crescita”? Saranno state del fratello maggiore. Era così tenero da veder camminare, impacciato, ai bordi del ring…