Un viaggio in solitaria alla scoperta della Tanzania è quanto di più insolito si possa sentire come meta delle vacanze. In questo post racconto il perché l’ho scelta e come è nato il mio emozionante viaggio da solo backpacker in Africa.
Perchè viaggiare in Tanzania in solitaria
Avevo il forte desiderio di tornare in Africa, di farlo zaino in spalla e scoprire territori meno conosciuti, con un approccio semplice, itinerante e senza protezioni per l’anima.
La Tanzania ha vinto su tutte le mete possibili grazie alla sua posizione nel cuore dell’East Africa e alla sua cultura, che in parte già conoscevo grazie a un viaggio in Kenya fatto qualche anno fa. E diciamolo: il volo low cost con Oman Air mi ha dato la spinta finale.
La Tanzania è così vasta da offrire un’infinità di panorami, è mare, laghi e montagne imponenti, è isole tropicali e parchi naturali immensi e unici al mondo, è fiumi in piena nel periodo delle piogge che si prosciugano inesorabilmente durante la secca, è villaggi e tribù contrapposti a nuova vita cittadina.
In Tanzania da sola? Questa è stata la domanda che più mi hanno posto. Ebbene sì, si può in tutta sicurezza.
Una donna da sola in viaggio nel mondo è ancora vista come eccessivamente avventurosa.
Un paese dell’Africa è interpretato immediatamente come rischioso. Un viaggio zaino in spalla, da vera backpacker on a budget, è pura follia.
E invece io dico che è solo voglia di libertà, di scoperta del mondo, di seguire l’istinto nomade e la mia parte selvaggia interiore. E dico che la Tanzania non è pericolosa. Come non lo sono Kenya e Senegal, rimanendo nell’Africa Sub Sahariana che conosco.
Scoprire la Tanzania Centrale da backpacker è stato un viaggio viscerale, di essenzialità e totale abbandono al nuovo mondo da scoprire.
Percorrere vie poco battute dai turisti, imbattermi in luoghi sconosciuti ai portali di viaggio internazionali, affidarmi alle persone incontrate in viaggio, condividere con loro giorni di vita e avviare uno scambio reciproco è il regalo più grande che potessi farmi. Per tutto questo ho desiderato la Tanzania Centrale e ho voluto ritrovare un pezzo d’Africa già parzialmente conosciuta.
Il mio viaggio in totale libertà, da sola e zaino in spalla, si è sviluppato da Dar Es Salaam a Iringa e ritorno, per poi approdare sulla costa con i suoi pregi e i suoi difetti, da scoprire solo vivendola.
La guida Lonely Planet è stata il primo dei riferimenti per organizzare da sola il mio grande viaggio di agosto, durante la stagione secca. Non la prendo mai alla lettera, ma trovo sia sempre una buona infarinatura per capire come muoversi in un paese sconosciuto.
Poi sono passata alle esperienze di backpackers sul posto, su tutte quella di Giulia Raciti che per mesi ha girato con carattere i Paesi della Costa Est dell’Africa.
Ecco quindi come si è sviluppato il mio fantastico viaggio di tre settimane in solitaria, zaino in spalla in Tanzania Centrale.
Cosa vedere in Tanzania Centrale
Dar Es Salaam, la classica e congestionata metropoli africana, mi ha stupito l’avvento di moderni trasporti pubblici e la pulizia delle strade. Sembra un ossimoro ma non lo è.
Ci sono tram pubblici nuovi che attraversano la città in lungo e in largo e sono facilissimi da prendere oltre che funzionali.
Certo non consiglierei più di un paio di giorni in città: uno per farsi un’idea di come è strutturata e l’altro per visitare il Kariakoo Market e il Fish Market, prima di partire per nuove avventure.
Safari al Ruaha National Park. Probabilmente non l’avete mai sentito nominare, eppure è il secondo parco più grande d’Africa e il primo di Tanzania. Si trova al centro del Paese ed è impossibile vederlo tutto se non fermandosi per almeno una settimana.
Io ci ho passato due intensi giorni di safari, immersa nella savana con il suo equilibrio e la sua energia pazzesca ho sentito brividi a fior di pelle come mai prima.
La difficoltà sta nel raggiungere il parco con i mezzi: si tratta di abbinare un lungo viaggio in bus da Dar con una tappa a Iringa e nuovi spostamenti con la jeep.
Un’avventura che è essa stessa Africa, big five compresi. Un’avventura imperdibile per un backpacker. Inoltre è uno dei parchi più economici del paese, questo perchè fuori dal circuito turistico dei parchi del nord, e questo non guasta in un viaggio con budget limitato.
Anche un soggiorno nel parco a costi contenuti, rispetto ai parchi del nord, è qualcosa di possibile al Ruaha: ci sono delle banda a disposizione dei turisti, con servizi in comune e letti confortevoli quanto basta. Di notte elefanti e ippopotami si aggirano vicino ai bungalow e l’emozione sale a mille.
Uluguru Mountains. E’ qui che ancora vivono le antiche tribù dei Walaguru. Con loro si possono trascorrere momenti di avvicinamento alla loro cultura tradizionale e antica. Trekking di uno o più giorni possono essere organizzati partendo da Morogoro. Io qui mi sono fermata due giorni e ho organizzato tutto con Chilunga Cultural Tourism e le loro appassionate guide.
Isimila il canyon africano. Che l’Africa abbia molto da offrire e la Tanzania sia un’immensa varietà di paesaggi è cosa nota, ma un canyon non l’avevo mica considerato.
Isimila si trova poco distante dal Ruaha National Park e si presta a un tour di un giorno prima o dopo il safari.
Perso tra i campi, le fornaci, le case contadine si trova questo monumento naturale millenario. In una profonda gola di quello che, nella stagione delle piogge, diventa un fiume, si ergono colonne di terra rossa alte anche decine di metri.
In questo posto ci si sente tanto piccini in confronto alla grandezza e alla forza della natura. Una visita di qualche ora, con una guida, è sufficiente per perdersi nel canyon e tra le colonne di argilla e vivere questo meraviglioso mondo a sè.
Iringa la città con il cuore da villaggio africano, è un centro di passaggio.
Un via vai di viaggiatori che intraprendono la rotta verso il Ruaha o verso sud per il lago Malawi o il Tanganika è cosa comune. Nonostante questo, per le vie di Iringa si incontrano davvero pochi turisti poichè nessuno si sofferma su questa cittadina come, invece, ho fatto io.
Vivendola, partecipando alle messe, ai mercati, alla vita della comunità ho letto il suo cuore: autentico come quello dei piccoli villaggi. Qui è facile fare amicizia con i locali, trascorrere pomeriggi a chiacchierare tra le stoffe, pranzare con loro ai mini restaurant nelle vie secondarie. Qui è facile ritrovare l’umanità dell’Africa.
Dove andare al mare in Tanzania
Pwani Region e Sandi Islands. Dopo tanto girare, la necessità di riposo e di godersi uno dei mari più belli mondo si fa sentire.
Senza prendere voli o traghetti per la famosa Zanzibar o la costosa Mafia Island, quali sono le migliori spiagge della Tanzania?
A sud di Dar Es Salaam la costa della regione di Pwani è selvaggia e bellissima. Lunga a perdita d’occhio, di sabbia finissima e bianca, si affaccia all’Oceano Indiano e alle incantevoli isolette dell’arcipelago di Sandi.
Qui è possibile soggiornare in uno degli attrezzati villaggi sulla costa, scegliendo magari di dormire in casette sulla spiaggia come ho fatto io. Tra le escursioni che consiglio c’è quella in dhow fino alle isole di fronte.
E’ questa la terra promessa: mare caraibico, sabbia bianchissima, snorkeling, mini trekking nell’entroterra dell’isola e silenzio attorno. Sandi Island è un paradiso terrestre.
Mbudya e Bongoyo Islands. A nord di Dar Es Salaam, invece, due sono le isole da non perdere: Mbudya e Bongoyo.
Sono entrambe raggiungibili con barche dalla costa e fanno parte di parchi marini protetti, quindi si paga una fee di ingresso per accedervi. La loro dimensione ridotta le rende perlustrabili in lungo e in largo, è così possibile scoprirne l’anima selvaggia.
Le acque sono trasparenti con toni di blu e di verde intensi, le spiaggette libere ma custodite. Qui è anche possibile pranzare con grigliate a base di pesce fresco prenotato direttamente ai pescatori all’arrivo sulle isole.