Viaggio dopo viaggio, Paese dopo Paese, col nostro “io viaggiatore” anche il nostro rapporto con la cucina estera sta prendendo una piega diversa. La curiosità si fa strada e scalza quegli infondati timori e quei preconcetti che devi lasciare a casa quando parti per conoscere una cultura diversa.
In Cina, volenti o nolenti, ci siamo adattati alla cucina del posto – completamente diversa da quella che ci viene proposta in Italia – cercando però di schivare gli eccessi. Scordatevi riso cantonese e pollo alle mandorle: mai visti!
Non dimenticherò mai però gli spiedini di stelle, cavallucci marini e scorpioni – infilzati ancora vivi e lasciati sgambettare fino alla morte – messi in bella mostra nei vicoli attorno a Wangfujing Street, Pechino. Avevo i capelli ritti in testa!
Mentre da buona Piemontese, amante delle frattaglie come sono, avrei potuto farmi tentare da animelle e simili, sempre su spiedino, se non fosse stato per l’immondo odore che emanavano. Tanto da mettermi una mano davanti a naso e bocca!
La passeggiata ci ha visto consolarci con ottime, squisite, gigantesche castagne arrosto.
Ma enormi davvero, le più grandi mai viste. Buonissime e sane.
Le abbiamo ritrovate a Yangshuo o ne abbiam quasi fatto indigestione. Quella sera pioveva e trovare quelle squisitezze arrosto calde, direttamente sulla strada, è stato incoraggiante!
La grande scoperta cinese però è stato per noi un frutto: il pomelo.
Venduto in un elegante negozio di E-Nanjing road a Shanghai a caro prezzo, già sbucciato e in confezione da 3/4 spicchi. Mi son fatta conquistare dal bel colore rosa e dal profumo di pompelmo che io amo tanto.
Ci è piaciuto subito. Tant’è che a Guilin ne abbiamo acquistato addirittura uno intero – ad un prezzo molto più conveniente – e abbiam provato le ebbrezza di sbucciarlo per tutta la sera a mani nude!!
L’anno seguente lo ritroveremo anche in Thailandia, sul treno da Bangkok a Kanchanaburi, e ci verrà proposto in una inedita – e lì per lì preoccupante – versione…
Noodles e dumplings – rispettivamente spaghetti e ravioli – ci hanno quasi sempre salvato nei momenti di smarrimento gastronomico. Buoni, gustosi e con piatti fin troppo abbondanti. Spesso conditi con funghi, e a volte con un tipo di sugo molto simile al nostro ragù.
Effettivamente, in Cina, trovare bistecche o arrosti è un’utopia. Le pietanze di carne prevedono esclusivamente tocchetti e sfilaccetti molto piccoli, che facilmente invitano a pensare male – l’utilizzo di cani e gatti non è solo una diceria… – e sono conditi con salse molto forti che camuffano l’originale sapore rendendola irriconoscibile.
Tutta un’altra storia la famosa anatra laccata. Una squisitezza!
Noi abbiamo avuto la fortuna di assaggiarla al rinomato ristorante Da Dong di Pechino, prenotando almeno un giorno prima. L’ambiente è lussuoso e curato ma ad attirare ogni attenzione è il piatto forte, l’anatra, dal momento della preparazione, del servizio, fino al modo di gustarla.
Sì perchè c’è un rito tutto speciale che la gentile cameriera ci illustra subito dopo che la nostra anitra è stata perfettamente porzionata e pulita dal cuoco al nostro tavolo.
La ragazza posiziona davanti a noi chopsticks – le bacchette di legno – e numerosi altri piattini. Contengono salse, zucchero, zenzero, cipolla e sottili dischetti simili a tortillas.
Ogni piccolo boccone di anatra deve esser posizionato sulla tortilla e guarnito a piacimento dal commensale, sempre usando le bacchette. Un lavorone! Ma che bontà!
Tutto molto gustoso ma anche entusiasmante per come si è svolta l’intera cena.
Al centro del locale una piattaforma circolare ospitava tre cuochi che curavano la cottura dei pennuti appesi negli altrettanti forni semi aperti, con fuoco vivo.
Praticamente uno spettacolo, che suggeriamo vivamente di non perdere!
In Cina l’anatra laccata è un piatto tipico, diffuso ma comunque pregiato. Molti negozi la vendono, intera, confezionata sottovuoto in robusta stagnola ed è considerato un regalo molto gradito.
Un piatto quotidiano simile è il piccione, sempre laccato. Viene proposto in ogni ristorante o bancarella di Zhouzhuang ma, stavolta, non l’abbiamo assaggiato. Sempre nella stessa piccola città, grazie ai numerosi canali che la percorrono, c’è ampia scelta di pesce d’acqua dolce e di gamberetti di ogni dimensione. Anche quelli piccolissimi, che stenti a riconoscere anche mettendoci il naso sopra e che si mangiano rigorosamente interi, con il guscio.
Una sera, a Shanghai, ci siamo tolti lo sfizio di assaggiare il famoso Ramen. Ok, è un piatto di origine giapponese, ma da tempo la Cina l’ha fatto suo proponendolo nelle locande tradizionali ma anche nelle catene internazionali come l’Ajisen. Ed è qui che siamo entrati.
Ambiente simile ad un sushi bar, cameriere-razzo e di poche parole. Non fidatevi ciecamente quando vi dicono che un piatto non è piccante, potreste non avere i loro parametri.
Filippo, per spegnere l’incendio del suo piatto unico di carne e riso ha fornito lo stipendio annuale all’intero personale della 7Up!
Io invece ho ridotto il mio abito come un bavaglino di neonato dopo 20 tentativi di imboccaggio. Il ramen è complicatissimo da approcciare. Ti presentano una grossa ciotola di brodo bianchiccio e torbido che nasconde, nelle profondità, alcuni grossi noodle, trancetti di pollo, alghe e uovo sodo. Aiutandoti con chopsticks e un mestolino – e le mani – si attinge da lì e ancora non ho ben capito se si finisce anche l’insipido brodo o meno. Mah.
Sicuramente non ai livelli dell’India, ma anche qui il peperoncino è elemento essenziale nella cucina. L’esperienza più “vivace” è stata nell’unico pseudo-ristorante all’interno del complesso del Palazzo d’Estate, a Pechino.
Impostato stile piccola ma affollata mensa, nessuna pietanza aveva sottotitoli in inglese e non ci è rimasto che scegliere in base ad alcune foto appese al muro, di piatti che poi non somigliavano neppure lontanamente a quel che ci siamo ritrovati davanti.
Pollo (??) e riso. O fortissimo o insipido. In ogni caso tutto irriconoscibile. Ed ogni speranza è crollata quando il comune porta formaggio da tavola – ok, ok, anche io andar a pensare che in Cina mettessero il Parmigiano grattuggiato in tavola… – l’ho trovato stracolmo di semi di peperoncino. Che solo ad aprire il coperchio ho pianto mezzora.
Come ammortizzare la disfatta? Con un bel gelato. Solo confezionato e solo un gusto: fave verdi.
Lascio a voi ogni commento.