Atterrati a Delhi, usciamo dall’aeroporto e un traffico estenuante tra camion-rottame, motorini con 3/4 passeggeri, tuc-tuc fatiscenti, auto e pullman di turisti ci accompagna fino allo splendido Le Meridien Hotel.
Di un lusso estremo che cozzava vistosamente con gli uomini che dormivano coricati su sporchissimi marciapiedi, poco più in là.
L’albergo, di soli occidentali, mostrava numerosi pezzi di design e un’architettura all’avanguardia. Le stanze accoglienti e colme d’atmosfera con luci soffuse e bagno elegante. Il buffet di ottimi piatti internazionali, con gamberoni e dolci mono porzione esteticamente splendidi.
Dopo un breve riposino, ci rechiamo alla prima tappa del tour e veniamo prontamente muniti di tunica per coprire adeguatamente spalle e gambe scoperti. Eravamo alla più grande e rinomata moschea di Delhi, il Jama Masjid, e il tempo non è dalla nostra.
Purtroppo da alcune settimane il nord dell’India era devastato da fortissime piogge a carattere alluvionale. La popolazione stava accusando il colpo, così come il raccolto e l’igiene. Diverse zone della capitale erano state chiuse ai turisti per alto rischio di colera.
A terra – terra nel vero senso della parola – il pantano rendeva quasi impraticabili le vie attorno alla moschea e la gran mole di gente ci ha definitivamente scoraggiato nell’affrontare una passeggiata nel bazaar appena di fronte.
Un peccato: l’atmosfera, i colori e gli odori sono molto curiosi. Le vendite vengono rivolte esclusivamente agli abitanti del luogo e non ai turisti. Un esempio per tutti sono quelle povere caprette legate a bordo strada, scelte vive dall’acquirente e decapitate sul momento.
Pazienza, dedichiamo il nostro tempo alla visita della famosa moschea che troneggia sulle vie del quartiere, realizzata dallo stesso costruttore del famoso Taj Mahal.
Anche questa, una costruzione grandiosa, con ampie gallerie dedicate alla preghiera ma a colpire è forse il grande cortile centrale, che ospita gatti e stormi di colombi.
La sua posizione sopraelevata rispetto alla città dà a chi si trova al suo interno un senso di grandezza e di pace, come se ci si trovasse nel nulla. Svanisce persino il forte chiasso della città.
Risalendo sul pulmino e sfidando l’agguerrito e sregolato traffico (l’alternativa sono i tuc-tuc, piccoli mezzi simili ai nostri vecchi Ape Piaggio, che fungono da taxi) raggiungiamo il Raj Ghat, luogo della cremazione di Gandhi, in un parco fiorito, sapientemente curato.
Il silenzio è surreale.
Nel bellissimo parco gli scoiattoli vivono indisturbati. Entriamo in contatto con la gente del luogo e molte scolaresche che ci guardano e sorridono incuriositi.
Per gli indiani, soprattutto le donne, la principale attrattiva siamo noi turisti occidentali. Ci salutano con curiosità e molte chiedono di poter essere fotografate in nostra compagnia.
Per visitare il tempio Sikh è sufficiente coprirsi il capo con un foulard – che ci fornisce la nostra guida – e camminare scalzi. Possiamo osservare questa comunità religiosa durante i loro canti di preghiera e apprezzare il loro impegno nell’aiutare chiunque fosse in difficoltà offrendo mensa gratuita e alloggi di fortuna. E’ una politica di questa religione, aiutare il prossimo, senza che questo però ne approfitti.
L’ultima nostra sosta nella città di Delhi ci porta al Qutb Minar, il più alto minareto in mattoni rossi del mondo che nel 1993 è stato inserito nell’elenco dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco.
Anche qui gli scoiattoli sono di casa. E anche bellissimi pappagalli verdi.
Probabilmente hanno trovato le uniche oasi serene della grande metropoli.
Delhi infatti è chiassosa e sporca come proprio non ci aspettavamo. Di frequente si incontrano, sui marciapiedi, uomini -e non barboni – vestiti di stracci, coricati a terra mentre numerosi cinghiali rovistano nella spazzatura ai loro piedi. Immagini che ci hanno davvero lasciato a bocca aperta.
Pensate che alcuni quartieri di Delhi sono vivamente sconsigliati in quanto assediati da scimmiette malsane e aggressive. Non solo, per la preparazione della città ai giochi del Commonwealth, molte di queste scimmie sono state liberate in zone della città per “ripulirle” da fastidiose presenze umane!
Insomma, sporcizia e menefreghismo che non sono giustificati dalla povertà ma da una mentalità che certo non concepisco appieno!
Ci aspettavamo un’atmosfera diversa, una città più pulita e ordinata sapendo che sta acquisendo sempre più potere ed importanza nel contesto mondiale. Un po’ un peccato perchè al suo interno nasconde edifici e realtà affascinanti e misteriosi, ma fin troppo ben camuffati.
Lasciata Delhi, il nostro viaggio di nozze prosegue nel Rajasthan…
4 comments
Ciao, anch’io ho trovato Delhi una delle città più “difficili” da visitare…trasporti impossibili e caos ovunque…personalmente consiglio di vederla con tour organizzati.
Potete leggere il mio diario su http://www.surus.org
Per quanto il nostro stile di viaggio sia ormai diventato interamente self made, fatico ad immaginare come si possa improvvisare da soli un soggiorno in India. Da soli davvero.
Sono anch’io per il self made tutta la vita…ma l’India (e non solo…) è davvero complicata…ti senti frastornato dai suoni, la gente, il traffico, gli spostamenti sono difficili…il rischio è non godersela fino in fondo per cui alla fine avevamo optato per prendere un’autista con un’agenzia indiana che lavora con tanti italiani e siamo stati contenti!
Capisco cosa intendi. Noi abbiamo visitato il Rajasthan in una settimana con tour organizzato. Da soli ci avremmo messo un mese, sempre se ci arrivavamo. In città traffico ingestibile con vacche sulla strada ogni due passi. Fuori città zero mezzi pubblici e strade distrutte e allagate.
Quali altri Paesi hai trovato ostici?