Da Koh Phi Phi…
12*giorno: Koh Phi Phi-Koh Lanta.
Un’altra mattinata di sole, quanta grazia!
Alle 10:30 però la long tail boat del resort ci porta al molo dove prendiamo il traghetto per Koh Lanta (200baht).
1ora e 30 di mare grossissimo. Onde alte come non avevo mai visto. Non pensavo avrei avuto così paura su una barca.
Tirato un sospiro di sollievo arrivando a terra, l’entusiasmo non decolla.
Koh Lanta è una grande delusione, su tutti i fronti.
Pare che lo tsunami del 2004 qui sia passato soltanto 10 giorni fa. È tutto un rottame, tutto distrutto e lasciato lì.
Anche il Coco Lanta Resort, prenotato la sera prima e caldamente consigliato su Booking, è molto avvilente.
Carino il piccolo bungalow privato con dehor e amaca, in muratura, nuovo.
Il resto è mal tenuto, foglie, rami, immondizia ovunque.
Bella piscina con idromassaggio, sporca anch’essa. Spiaggia ancor peggio.
Siamo certi di essere gli unici ospiti.
Ok, è bassa stagione, ma per custodirlo così male, piuttosto chiudi!
Climatizzatore e acqua calda ma niente compliments, solo saponetta.
Alla reception nessuno ad aspettarci (anzi, solo una piccola scimmietta curiosa) e nessuno al momento del check out, lasciamo lì la chiave.
Nemmeno il noleggio della moto è molto agevole.
L’agenzia appena fuori dal resort ha veicoli in condizioni discutibili. Caschi distrutti. E parlano inglese pochissimo.
Ce la facciamo comunque e partiamo alla scoperta dell’isola.
Infattibile la vita da spiaggia tra la sporcizia sulla sabbia, il vento e il mare di un poco invitante color marrone. Pareva il fiume Po dopo un’abbondante pioggia.
L’isola non ci riserva altre sorprese, nel senso che non c’è assolutamente nulla.
Le spiagge sono selvagge e incustodite, i paesi sono malconci e molta gente vive in baracche.
La zona sul lungomare dovrebbe essere la più turistica e popolata. Troviamo invece una decina di persone sedute in cima al lungo molo, a guardare l’orizzonte. Nessun’altro tra il paio di locali in vecchio legno che ricordato saloon old-west, solo alcuni bellissimi gatti, affatto socievoli.
Gli abitanti sono per la maggior parte musulmani e in giro vediamo quasi solo donne, coperte dal burqa, guidare pick-up e motorini.
La vegetazione è fitta e rigogliosa, ricorda Mauritius, con piante di banano e bovini che pascolano incustoditi.
Una particolarità: le pompe di benzina. Piccoli tavoli, al sole o coperti da un ombrellone, con in bella mostra 10/12 bottiglie di benzina. Si compra la bottiglia, e la signora-benzinaio la vuota nel serbatoio con un imbuto da cucina.
Ceniamo a pochi metri dal resort. Unico locale aperto nella zona. Il padrone è originario di Basilea, cordiale.
Mangiamo bene, fin troppo saporito e piccante.
Oltre ai soliti pad thai, proviamo un fried rice with red curry (riso fritto al curry), uno squisito involtino primavera e ci offrono uno strano piatto con pollo, tofu e granchio.
Il solito Cornetto Algida, acquistato in un mini mart, come dessert, e poi a dormire sotto il primo acquazzone della giornata.
La mattina dopo si cambia e per la prima volta ne siamo abbastanza entusiasti.
Un mini van verrà a prenderci la mattina presto, destinazione: Railay.