Se Arequipa è chiamata “città bianca” del Perù, Sucre lo è per la Bolivia.
Capitale per eccellenza insieme a La Paz (la Bolivia e l’Olanda sono infatti gli unici Paesi al mondo ad avere due vere capitali), questa città fu la culla del movimento rivoluzionario che portò all’indipendenza dello stato.
Arriviamo in aeroporto nel primo pomeriggio e l’impressione che ci dà dai finestrini del taxi è molto diversa da La Paz. Sucre, anticamente chiamata La Plata, nonostante abbia più di 200.000 abitanti, sembra una cittadina di provincia in mezzo alle montagne.
Poco traffico (complice uno degli ennesimi e frequenti “bloqueo”), strade pulite e case dignitose persino in periferia.
Man mano che ci avviciniamo al centro storico, dichiarato Patrimonio UNESCO dell’Umanità, iniziano a comparire i primi hotel, ostelli e ristoranti molto ben curati.
Il tassista ci porta all’hotel, che avevamo prenotato online ad un prezzo vantaggioso: comodo ed accogliente, direttamente in Plaza 25 de Mayo!
I siti da visitare sono tutti raccolti nell’arco di 500m, ma spesso son difficili da visitare. Gli orari indicati dalla Lonely Planet sono molto indicativi e così non di rado ci siamo ritrovati davanti ad un museo inspiegabilmente chiuso…
Beh, poco male! Sucre con i suoi edifici coloniali è bellissima ed ogni scorcio è buono per una splendida fotografia.
Usciti dall’hotel, non ci aspettavamo di avere proprio nel portone a fianco l’ingresso della Casa de la Libertad!
Questo palazzo, un ex convento gesuitico che oggi è un museo (ingresso 15BOB+5BOB per la macchina fotografica), è stato la sede del primo governo indipendente e nel Salòn de Indipendencia il 6 agosto 1825 fu firmata la dichiarazione di indipendenza. I Boliviani considerano queste mura la culla della nazione e ancora oggi in queste stanze il Presidente della Repubblica riceve i capi di Stato e le delegazioni nelle visite ufficiali.
La visita è libera oppure con una guida, ma le stanze da visitare sono poche rispetto alla grandezza del complesso.
Su un piedistallo al centro del Salòn de Indipendencia è esposta la carta della dichiarazione di indipendenza e in una stanza laterale la bandiera biancoazzurra della libertà che richiama a colori invertiti la bandiera argentina.
Scendiamo lungo Acre, verso la piazze dell’Iglesia de San Francisco la chiesa più importante della città dalla cui torre campanaria (quella sinistra) ogni 25 maggio suonano i rintocchi della Campana della Libertà.
Accanto alla chiesa un portone conduce all’Accademia Militare.
E’ in corso una rievocazione storica delle numerose battaglie (la maggior parte eroicamente perse, a detta del presentatore, solo per inferiorità numerica!) dell’esercito boliviano: nella Guerra del Pacifico contro il Cile del 1884, nel boom del caucciù del 1903 contro il Brasile e nel disastroso tentativo di riappropriarsi di uno sbocco verso l’Atlantico contro il Paraguay del 1935. La platea è composta da numerosi ragazzi dei licei e da generali dell’esercito in alta uniforme ed è intervallata e allietata dal ritmo delle marce suonate dalle bande di studenti.
Un piatto veloce in un pub insieme ad un piccolo pubblico messicano (è in corso la partita dei Mondiali Messico-Camerun) e ci dirigiamo alla cattedrale che si può visitare solo passando attraverso il museo di arte religiosa, contente preziosi reliquiari di santi e beati boliviani, dipinti, calici e paramenti sacri.
Il clou della visita è la Cappella della Vergine di Guadalupe: al centro dell’altare spicca il quadro della Madonna il cui abito è adornato con foglie d’oro e d’argento e una miriade di pietre preziose (diamanti, perle, rubini e smeraldi) del valore di milioni di dollari! Purtroppo le fotografie sono proibite.
La cattedrale a navata singola è invece molto semplice, ma la sua torre campanaria è diventata il simbolo della città.
Proseguendo lungo la via che costeggia il duomo, Ortiz, giungiamo in Plazulela Cochabamba, un piacevole giardino sulle cui panchine ombreggiate siedono turisti affamati e coppiette di innamorati.
A dominare la piazza le due chiese più importanti di Sucre: il Templio de Nuestra Señora de la Merced, la chiesa più ricca della Bolivia con altari decorati con foglie d’oro e preziosi dipinti lungo le navate, e la Chiesa e Convento di San Filippo Neri dalla cui torre (se riuscite a trovare l’ingresso – un segreto? si entra dal cortile della scuola dove giocano i bambini!) si può ammirare il panorama più bello della città bianca.
Ci godiamo i colori del tramonto a spasso per Arenales, detta anche la via del cioccolato per le innumerevoli pasticcerie e cioccolaterie che tirano la gola, anche per i prezzi stracciati, a tutti i pedoni!
Parque Bolivar, dominato dall’edificio sede della Corte Suprema, ha un’aria Parisienne: i due pacchiani archi di trionfo, copie in miniatura di quello sugli Champs-Élysée, fanno da cornice ad una mini Tour Eiffel posta al centro del parco, un curioso dono del famoso architetto alla città.
Salendo lungo Ravelo, la via dei notai e degli avvocati i cui studi, aperti fino a tardi e direttamente sulla strada, incutono più timore che fiducia ai clienti! Raggiungiamo, seguendo la folla, il Mercado Campesino.
Le vie intorno sono un continuum di negozi di ogni genere dall’abbigliamento all’elettronica, mentre all’interno del mercato l’area coperta è un grande supermercato. Macellai, fruttivendoli, verdurieri, negozi di cibi inscatolati e di mangimi per animali tutti perfettamente ordinati e puliti: perdersi in quel labirinto è un vero piacere per i sensi!
La sera diverse bande musicali sfilano per il centro della città per poi convergere in Plaza 25 de Mayo per intrattenere tutti con un piccolo concerto accompagnato da balli di ragazzini in costume.
La mattina ci sveglia un forte rumore di motori: la piazza si è trasformata in un parterre per una prova del campionato nazionale di rally!
Non aspettatevi le grandi marche o i grandi piloti: qui, chi se lo può permettere! Si modificano le stesse auto che circolano tutti i giorni per le strade boliviane! Ma gli allestimenti da corsa, per quanto curiosi o tenuti insieme da quintali di nastro isolante, e le abilità dei piloti, vedendoli sfrecciare a tutta velocità per le vie di Sucre, sono da far invidia a Colin McRae!
Con i nostri bagagli e scortati dalla polizia, riusciamo a superare le transenne e il settore stampa (che era stato allestito proprio sul marciapiede dell’hotel!) e raggiungere l’aeroporto.
Avremmo voluto scoprire il vincitore, ma l’aereo per Santa Cruz (e la partita dell’Italia ai Mondiali) ci attendeva e non potevamo fare tardi!