A Tijuana per un margarita
Non avrei mai immaginato di valicare il confine, entrare in una delle città più “pericolose” al Mondo, passando per un tornello. Esatto, un tornello come quello per entrare allo stadio.
Effettivamente la gran parte delle frontiere, viaggiando, la si attraversa in volo e capita di rado di cambiare paese camminando, soprattutto se si tratta di due paesi come Stati Uniti e Messico.
Noi però eravamo nel bel mezzo di uno dei viaggi che finora, nella mia vita, mi ha entusiasmato di più, percorrendo parte degli Stati Uniti occidentali fino a raggiungere San Diego per poi risalire la California.
E così, una mattina, incuriositi da questo mondo così diverso e “losco”, prendiamo una metro che ci porta fino al limite massimo, dopodichè, si continua a piedi.
Oltrepassiamo un ponte pedonale sopraelevato che scavalca la breve coda di auto dirette dalla California al Messico. L’intera struttura è in ferro con alte pareti e ai lati che somigliano più alla rete di una grossa gabbia.
Riscendiamo ed ecco i tornelli. La gente ci passa attraverso con disinvoltura mentre noi ci guardiamo intorno non perfettamente certi di star facendo la cosa giusta.
Invece è proprio così che si fa. Questa è la prassi per ogni americano che vuole passare una giornata o anche solo alcune ore, in compagnia di musica e cibo messicano autentico.
In realtà, appena valicata la frontiera, non è che ci sia tutta questa festa, anzi!
Un susseguirsi di piazza e vie deserte tutto intorno a noi, con uomini a braccia incrociate appoggiati al muro che ci guardano senza dir nulla. Non è una sensazione particolarmente rassicurante.
Ogni 10 metri è aperta una farmacia con in vendita qualsiasi cosa. Tutto quel che negli USA è impossibile da reperire, e molto altro. Sono allestite come mini market dove il cliente si può tranquillamente servire da solo prima di dirigersi alla cassa.
Anche le insegne di medici e dentisti non mancano, servizi probabilmente dedicati anch’essi al popolo statunitense, magari a chi non può permettersi un’assicurazione medica.
Percorriamo un bel tratto di strada, tutto uguale, tutto deserto e malconcio.
Siamo vestiti da dar poco nell’occhio: maglietta e pantaloncini, infradito, nessun gioiello, nemmeno bigiotteria, nemmeno l’orologio!
Pochi soldi tra i passaporti, il portafoglio è rimasto in hotel. La fotocamera è in tasca e ci chiediamo quando è se sarà mai il caso di tirarla fuori.
Poi dopo un ponte in cui vediamo apparire i primi volti femminili, a presiedere tavoli malconci o addirittura teli a terra dove esporre braccialetti e portachiavi in vendita, finalmente sentiamo la musica… e vediamo la vita.
Due passi ancora e ci troviamo nella Tijuana turistica, se questa esiste davvero, circondati da gente festosa che accenna balli di danza seguendo le note di una band ben allestita sul palco.
La polizia tiene costantemente d’occhio il pubblico e la piccola folla di gente che si snoda nelle vie laterali, seguendo ristorantini e negozi.
I souvenir sono impolverati e danneggiati, tabelloni e menù dei ristoranti sono sverniciati e obsoleti, eppure… eppure si respira aria festosa, si sta bene!
Abbiamo fame e scelgo io, attirata come al solito dai colori, questa volta di tavoli e sedie. Forse una scelta un po’ incauta dato che il cameriere resta stupefatto del nostro ordine.
“Nachos with cheese” pare essere un piatto sconosciuto a Tijuana! E questo se ci pensate è un pochino preoccupante!
Ripieghiamo su piatti semi sconosciuti, pregando non fossero troppo piccanti. E accompagniamo il tutto con l’immancabile margarita che pare proprio esser il “piatto forte” della giornata!
Il pranzo è passabile e comunque l’intera mia attenzione volge altrove quando, a metà pasto, ci passa vicino un bellissimo gattino tigrato marrone che si lascia prendere in braccio e… conquista tutte le mie premure.
Prima di tornare in zona frontiera, ascoltiamo un po’ di musica messicana e curiosiamo qua e là, da acquistare c’è ben poco. Ripercorriamo a ritroso il tragitto e chissà come mai ci pare meno angusto.
La frontiera dal versante messicano è molto diversa.
Lunghissime code di automobili ma anche di pedoni hanno inizio a centinaia di metri dal controllo passaporti.
Senza farci troppe domande ci mettiamo diligentemente in fila tra uomini, donne e bambini.
Lì per lì non notiamo essere circondati da soli messicani. In effetti era la coda per messicani che volevano entrare negli USA: coda lunghissima e controllatissima.
Solo giunti davanti alle guardie ci rendiamo conto che la nostra fila sarebbe stata molto più breve e scorrevole, ma non importa, è stata un’esperienza anche quella.
Ricordo bene quella giovane donna, dietro di noi, che nell’attesa, lì in piedi, si è mangiata churros venduti per strada e patatine acquistate in un normale sacchetto di stagnola ma riempito di salse piccanti.
Noi non ce la siamo sentita… c’era ancora il margarita che ballava la cucaracha!
8 comments
Ciao Greta noi il 23settembre ci sposiamo facciamo anche un salto a san diego ne vale la pena varcare il confine?
Auguri!!!!! Mah, se avete tempo io un pomeriggio a Tijuana lo farei. Non è affatto bella ma c’è un’atmosfera curiosa che fa bagaglio di esperienza 🙂 Un abbraccio!
sei un idolo. amo il micino
Ah ah ah ma grazie!!! <3
Ciao! Noi partiremo tra pochi.giorni per San Diego e l’idea era proprio quella di fare una gita a Tijuana..grazie dei consigli ci saranno sicuramente utili…
Grazie a te Elena!
Sono davvero felice che non ti sia fatta fermare da pregiudizi infondati. Sarà un’esperienza un pochino surreale, vedrai. Ne vale la pena! Buon viaggio!
É sempre molto interessante traversare questa frontiera. Peccato che non avete avuto la opportunità di continuare verso il sud nella Baja California. Condivido mia esperienza http://universaltraveler.org/2011/01/16/baja-california/
Molto bello il tuo viaggio. Decisamente completo e interessante!
Grazie mille per averlo linkato qui da me. Alla prossima!