Addentrandomi tra palazzi fatiscenti, arbusti e asfalto divelto dal tempo non sapevo nulla della sua storia. Siamo giunti a Varosha (Maras, in turco) quasi per caso, sotto consiglio della guida di un connazionale (toscano) incontrato al sito archeologico di Salamina.
Stavamo visitando alcuni punti salienti di Cipro del Nord, quel territorio occupato dalla Turchia senza il riconoscimento della EU. Di rientro, prima di oltrepassare la frontiera, ci cadeva a pennello una breve sosta in questa “ghost town” che ci avevano menzionato.
Arrivati davanti al cancello di ingresso di Varosha la nostra aspettativa cambia di netto. Il filo spinato circonda l’area, enorme, sterminata, che raggruppa decine e decine di case, negozi, enormi palazzi abbandonati.
Non si tratta certo del villaggio fantasma che siamo abituati a visitare.
Leggi “Bodie, la città fantasma dei cercatori d’oro in California“
Non c’è alcun biglietto di ingresso per entrare a Varosha.
La zona è presidiata da autorità e controlli, non è visitabile l’intera area. Molti cordoni che delimitano le zone accessibili sono abbattuti e facciamo fatica a capire dove è consentito camminare o meno. In realtà, lo si intuisce dalla condizione delle strade. Quelle di libero accesso sono state ripulite da alberi e rovi nati nei 48 anni di abbandono e riasfaltate.
All’ingresso è addirittura possibile noleggiare biciclette per visitare l’area di Varosha ed è a disposizione dei visitatori anche un food truck per spuntini. Un’attrazione turistica creepy insomma, per gli amanti del noir, del macabro. Però ammettiamolo, Varosha ha un fascino irresistibile per tutti e la sua storia rende ancor più suggestive le immagini che abbiamo davanti agli occhi.
La storia di Varosha, la città fantasma di Cipro Nord
Il 20 luglio del 1974 l’esercito turco invase Cipro costringendo più di 160mila greco-ciprioti a scappare e rifugiarsi nei territori del Sud.
Un buon numero di questi sfollati proveniva da Varosha che, proprio in quegli anni, rappresentava uno dei luoghi di villeggiatura più ricchi e amati di Cipro. E non soltanto dai ciprioti. A Varosha trascorrevano le vacanze nel lusso personaggi internazionali come Elizabeth Taylor, Richard Burton, Raquel Welch e Brigitte Bardot. La località era così amata e in forte ascesa da essere chiamata “la perla di Cipro” o “la Saint-Tropez cipriota“.
La fuga degli abitanti e dei turisti fu talmente repentina che tutto fu lasciato esattamente com’era in quel momento. Quando l’area fu riaperta, dopo il lungo assedio dei soldati turchi che sigillarono l’area rendendola inaccessibile ai cittadini, furono trovati tavole imbandite, abiti di lusso nelle boutique, automobili abbandonate in mezzo alle strade.
In questi anni di “zona militare” e “terra di nessuno” , Varosha è diventata oggetto di rivendicazioni territoriali tanto da parte della Repubblica di Cipro, riconosciuta membro dell’Unione Europea a livello internazionale dal 2004, quanto da parte l’autoproclamata Repubblica Turca di Cipro del Nord (RTCN), che invece è riconosciuta solamente dalla Turchia.
La riapertura di Varosha, un caso internazionale
Dall’8 ottobre 2020 Varosha ha riaperto il filo spinato ed è accessibile ai visitatori.
Il presidente turco Erdoğan ha annunciato, insieme al leader turco-cipriota Ersin Tatar, la riapertura parziale di Varosha, in contraddizione con le risoluzioni 550 e 789 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu .
La risoluzione 550 (1984) del Consiglio di Sicurezza dell’ONU considera inammissibile qualsiasi tentativo di colonizzazione di qualsiasi parte di Varosia da parte di persone diverse dai suoi abitanti e chiede il trasferimento di quest’area all’amministrazione dell’ONU.
La risoluzione 789 (1992) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sollecita anche che, in vista dell’attuazione della risoluzione 550 (1984), l’area attualmente sotto il controllo della Forza di Pace delle Nazioni Unite a Cipro sia estesa per includere Varosha.
La mossa di Ankara ha scatenato l’immediata reazione europea!
Il capo della politica estera dell’UE, Joseph Borrel, l’ha considerata «un’inaccettabile decisione unilaterale» che «rischia di aumentare le tensioni sull’isola e compromettere il ritorno ai colloqui su una soluzione globale della questione di Cipro», chiedendo «l’immediato annullamento di queste azioni e l’annullamento di tutte le misure intraprese su Varosha dall’ottobre 2020».
Anche il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha richiesto un’immediata retromarcia, chiedendo che le parti «evitino qualsiasi azione unilaterale che potrebbe aumentare le tensioni sull’isola».
Il timore è che la riapertura di Varosha possa rappresentare un nuovo ostacolo ai negoziati sulla riunificazione. Il cambiamento potrebbe infatti dare più importanza durante i colloqui alla Turchia, che non vuole rinunciare alla sua presenza sull’isola.
Inoltre, porterebbe a peggiorare i rapporti già molto tesi tra Turchia e Grecia.
Per Erdogan, infatti, l’unica possibile risoluzione della questione cipriota è quella relativa alla creazione di due entità statali autonome e reciprocamente sovrane. Questo gli consentirebbe di ottenere un riconoscimento internazionale della RTCN.
Di contro, Bruxelles non accetta soluzione separatista, proponendo invece l’istituzione di una sola entità federale “bi-comunitaria e bizonale” sotto le egida delle Nazioni Unite.
Il progetto alternativo: una nuova Varosha come eco-villaggio
C’è chi per Varosha ha ben altri progetti. Alcuni figli degli abitanti fuggiti nel 1974 sono al timone del Famagusta Ecocity Project che punta a ridarle vita creando il primo “eco-villaggio modello d’Europa”: un centro pedonale, alimentato ad energia solare e rispettoso dell’ambiente.
Si tratta di un progetto che prevede la collaborazione delle due nazioni (Grecia e Turchia) e per questo, attualmente, abbastanza utopistico.
L’iniziativa si scontra infatti con lo stallo dei negoziati per la riunificazione dell’isola.
Il timore più grande?
Varosha viene ormai descritta dalle autorità turco-cipriote come una località di “dark tourism” simile a quello di Pripiat, la città fantasma nei pressi di Černobyl. Per attirare i turisti infatti, è stata iniziata una serie di lavori di restauro: strade asfaltate e pulite, panchine, chioschi, noleggio di biciclette. La spiaggia è stata ripulita e resa accessibile ai bagnanti con lettini ed ombrelloni sovrastati da palazzi prossimi a crollare.
Si teme la spinta verso il turismo russo e Varosha rischia di diventare una nuova Las Vegas, anziché un villaggio green.
Un interessante approfondimento con interviste lo trovate qui.